LECCE – Amava un compagno di classe ma era promessa sposa di un cugino connazionale a neppure 14 anni per volere del padre. Nonostante il suo cuore battesse forte per un italiano. Con il quale ora è libera di vivere la sua storia d’amore in Francia dove si è trasferita da tempo. Così un 51enne, originario dello Sri Lanka, era finito sotto processo con l’accusa di maltrattamenti in famiglia. E rischiava anche una condanna a 3 anni di reclusione. La giudice monocratica Valeria Fedele ha assolto l’imputato con formula piena valorizzando le tesi della difesa rappresentata dall’avvocato difensore Paolo Spalluto. In sintesi nel caso di specie, l’intera vicenda sarebbe nata da un tentativo di “matrimonio combinato” cosa ben diversa dal “matrimonio forzato “ che prevede (in Italia ma anche in Sri Lanka) ipotesi di illiceità (solo civile in Sri Lanka, civile e penale in Italia). In aula, l’imputato ha rilasciato spontanee dichiarazioni. Ha riferito come in Sri Lanka i matrimoni di rgazzi di età inferiore a 18 anni sono come dei contratti e, nel caso di rinuncia, c’è l’obbligo di un risarcimento.
La storia arriva da Lecce dove una ragazza ha avuto la forza e il coraggio di ribellarsi alle leggi del suo paese rifiutando un matrimonio combinato impostole dal padre sin dall’infanzia con un connazionale di 16 anni. Lei si è ormai integrata con il tessuto sociale. Veste e parla come una qualsiasi teenagers e vuole vivere la spensieratezza della sua età come tutte le sue coetanee. E circa cinque anni fa, nel 2018, non appena il padre la privò del telefonino decise di praticare atti autolesionistici sul proprio corpo per dimostrare la sua avversione ad un mondo che non sentiva più suo. E per diversi mesi, su diposizione del Tribunale per i Minori, fu anche ospite in un istituto per suore prima di ricongiungersi con la sua famiglia solo di recente. Per un paio d’anni la ragazza è rimasta in balìa di un padre despota e autoritario che avrebbe voluto gestire la sua vita secondo le leggi del paese di origine. La minore, però, si ribellò.
Nel 2018, per la precisione, quando si confida con un’insegnate a cui rivela tutta la sua frustrazione e angoscia perché il padre l’aveva promessa sposa già da anni ad un suo connazionale. In quel periodo, peraltro. il suo cuore batteva forte per un compagno di classe. Un amore corrisposto ma che la giovane non poteva vivere liberamente per la ferma opposizione del padre. L’insegnante, raccolta la confidenza dell’alunna, non perde tempo e inoltra una segnalazione ai servizi sociali. Tempestivamente il Tribunale per i Minori, coordinati dagli agenti della Squadra Mobile specializzati nei reati contro la persona, dispone l’immediato trasferimento della ragazza in una comunità per suore. Il padre, però, non si arrende. Vuole far crescere la figlia secondo la cultura del suo paese di origine e organizza la cosiddetta “festa del menarca” per celebrare, secondo le tradizioni cingalesi, il passaggio all’età fertile della ragazza. Il giudice minorile interviene prontamente e blocca la partecipazione della ragazza alla festa perché avrebbe potuto rappresentare l’occasione ideale per rendere ufficiale la promessa vincolante per la legge cingalese.
Anche tra le mura domestiche, ipotizzava l’accusa, il carattere irascibile dell’uomo avrebbe costretto a lungo il resto della famiglia a vivere nella paura e nel terrore. Tanto che gli altri due figli maggiorenni per sottrarsi a quelle umiliazioni fisiche e psicologiche già da tempo hanno poi abbandonato la casa familiare per trasferirsi all’estero. Nell’ultima udienza la ragazza, difesa dall’avvocata Erlene Galasso, ha rinunciato alla costituzione di parte civile rimettendo la querela. Anche perché ora è libera di vivere il suo amore.