Una multa ultramilionaria così come prevede la legge e 17 anni e mezzo di reclusione per i trafficanti di migranti. Sentenza “esemplare” a firma del gup Giovanni Gallo nel processo con rito abbreviato a carico dell’equipaggio di nazionalità siriana che, il 31 dicembre 2014, approdò nel porto di Gallipoli a bordo della nave Blue Sky-M con 791 migranti. Il giudice ha inflitto 6 anni e 8 mesi di reclusione e 14 milioni di euro di multa a Ahmad Rani Sarkas, il comandante dell’imbarcazione; 5 anni e 2 mesi e 14 milioni di euro di multa ad Hasan Badou, nel ruolo di vice comandante e a Ramez Suliman, cuoco di bordo; 3 anni e mezzo e 10 milioni di euro di multa sono stati irrogati a Youssef Kashouf, con funzione di membro dell’equipaggio. L’accusa era di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravata dall’ingente numero di persone trasportate. Il conteggio finale della multa è il computo complessivo per il trasporto di ogni migrante (quantificato in 25 mila euro ciascuno). Il dispositivo dice anche altro: Sarkas, Badou e Suliman sono stati interdetti dai pubblici uffici in perpetuo mentre Kashouf per cinque anni.
Nel corso del processo i quattro imputati rilasciarono spontanee dichiarazioni. Dinanzi al giudice il 19 dicembre scorso scaricarono le colpe l’uno sull’altro, trovandosi, però, tutti d’accordo su un punto: avrebbero accettato di trasportare i migranti perchè volevano sfuggire dalla guerra che imperversava in Siria e da un probabile arruolamento tra i soldati nel proprio paese. L’imbarcazione, ricolma di disperati, era partita dieci giorni prima dal golfo di Mersin in Turchia.
I membri dell’equipaggio reperirono i migranti che, per quell’ennesimo viaggio della speranza, avrebbero pagato fino a seimila dollari. Per lo più siriani. Tra loro, poi, molti professionisti: medici, insegnanti, avvocati, in fuga da un paese martoriato dalla guerra. Una volta arrivati nel porto di Gallipoli i quattro siriani furono arrestati. L’inchiesta è stata coordinata dal sostituto procuratore Antonio Negro e dal collega della Direzione distrettuale antimafia Guglielmo Cataldi.
Gli inquirenti accertarono l’esistenza di un’organizzazione criminale transnazionale attiva in più stati, tra cui la Turchia, la Romania, la Siria e il Libano in cui erano inseriti a pieno regime gli odierni imputati. I quattro siriani erano difesi dagli avvocati Elvia Belmonte, Gerardo Carriero e Salvatore Centonze. Per un’eventuale impugnazione della sentenza in Appello bisognerà attendere il deposito delle motivazioni previsto non prima di 90 giorni.
F.Oli.