Il cognome diverge dal nome individuale per tre aspetti fondamentali.
La scelta del nome è sempre restata libera, con una continua modificazione del repertorio. Il cognome, invece, da quando si è istituzionalizzato diventando ereditario, è fisso, e − salvo casi del tutto eccezionali − non consente scelte.
Diversa è anche la tipologia: uno (il cognome) ha un etimo che è già elemento onomastico, l’altro (il nome) può avere come etimo diretto anche un elemento lessicale.
Il cognome, infine, differisce dal nome anche per il momento di insorgenza, più tardo di alcuni secoli.
Il cognome, infatti, sorge in Italia tra la fine dell’Alto Medioevo e il Duecento. Fra il Trecento e il Rinascimento esso si istituzionalizza e si fissa, diventando ereditario, soprattutto dopo che il Concilio di Trento impose ai parroci l’annotazione del cognome negli atti matrimoniali (per evitare matrimoni tra consanguinei).
La necessità del cognome, come identificazione del gruppo familiare e ulteriore individuazione della singola persona, si determina dove e quando, superata la struttura chiusa, aristocratica e verticistica, del feudo, si affermano nuove forme di vita sociale, economica, amministrativa e politica, più democratiche, aperte alla partecipazione di tutti i cittadini o di una larga parte della collettività.
Possiamo distinguere diversi tipi di cognome.
Il primo tipo è costituito dai cognomi formati direttamente da un nome personale: così Martino, o più spesso Martini come genitivo di appartenenza ovvero plurale di valore collettivo, “la famiglia, la casata, quelli di Martino”.
Il secondo tipo ha alla base, con lo stesso processo, un originario soprannome: così, da “il Rosso”, Rosso, con il regionale Russo e nel plurale collettivo Rossi.
Il terzo tipo comprende i cognomi formati o derivati da determinazioni aggiuntive che avevano e a volte hanno ancora la funzione di identificare ulteriormente un individuo, oltre che con il nome personale, con l’indicazione di una sua particolare condizione: è il tipo più complesso, e richiede quindi un’articolazione, secondo la natura della condizione, in almeno tre sottotipi. Il primo è costituito dai patronimici e dai più rari matronimici: il rapporto “figlio di…” può essere espresso morfologicamente con la preposizione di o de, anche nelle varie forme articolate, come Di Giovanni, De Luca, D’Angelo, Del Rosso, Della Vedova; con l’articolo determinativo lo o la (forma propria del Sud), come Lo Russo, La Rosa; con l’abbreviazione fi’ di figlio (forma ormai rarissima e propria della Toscana), come Firidolfi, cioè figlio di Rodolfo; infine con il semplice nome personale o soprannome, nei patronimici per lo più terminante in -i (continuazione della più diffusa desinenza in –i del genitivo del latino medievale, soprattutto cancelleresco e notarile, cioè “figlio di…”), come Martino o Martini, Gatto o Gatti (e in questo caso si confonde totalmente con il primo tipo).
Il secondo sottotipo ha alla base l’indicazione del paese, della città di origine o di provenienza, della persona o del gruppo familiare, espressa sia con un aggettivo etnico, come Albanese, Spagnolo, Lombardi, Napolitano o Montanari, Valligiano; sia con il toponimo introdotto dalle preposizioni di e da o, nel Sud, determinato dall’articolo lo e la, come Di Napoli e Da Ponte, Del Monte o Dalla Costa, Lo Castro e La Rocca; sia con il semplice toponimo, come Alemagna e Francia, Milani e Napoli, Costa, Monti, Ponte, Riva, Valle.
Il terzo sottotipo ha alla base l’indicazione del mestiere o della professione: Barbieri, Ferrari o Fabbri, Santi, Cavalieri, Giudici e Podestà, Abate e Monaco, Preti, Barba (cioè “zio” o “pastore valdese”) e Padrino o Santoli. Determinazioni, queste, che possono anche essere alla base di un patronimico o di un matronimico, come Del Giudice e Della Monaca, Lo Console e La Burbera, e quindi rientrare nel primo sottotipo.
Sussiste infine un gruppo di cognomi che non hanno uno specifico etimo onomastico, anzi partecipano ora all’uno ora all’altro dei tre tipi fondamentali, e non possono quindi costituire un tipo a sé. Sono i cognomi imposti in passato dai parroci, dai responsabili di orfanotrofi, dagli stessi ufficiali di stato civile, a bambini abbandonati e trovatelli, figli d’ignoti: Esposito, Esposto o Esposti, o Degli Esposti, e Proietti, Trovati; Ignoti e Incerti o D’Ignoti e D’incerti; Innocenti o Degli Innocenti; Nocenti e Nocentini, Casadei o Casadidio, Casadio; Della Pietà, Diotaiuti, Diotallevi e Allevi, Sperindio.È un gruppo esile, ma rilevante per l’alto numero di famiglie tuttora denominate con alcune di queste forme.