“allo specchio”: guardarsi allo specchio non per compiacerci come Narciso, ma per conoscerci osservandoci; per ipotizzare motivi alla base dei comportamenti e delle modalità con cui ci poniamo in relazione con gli altri, con noi stessi, con gli oggetti; per comprendere il senso di alcuni modi di dire, di gesti e mimiche che esprimiamo, di posture che assumiamo.
“Non essere rigido”
Franco: – Viene meglio così, Gianni.-
Gianni: – Ma non ti accorgi che così è sbagliato? Rifletti. Se facciamo così succede che …invece io propongo….-
Franco: – Se facciamo come dico io siamo coerenti.-
Gianni: – No, caro Franco. E’ il contrario…non essere rigido. Vedo che rimani ancorato a uno schema e poi sembra che tu abbia paura di essere prevaricato.-
Franco: – Paura? no, non ho paura.-
Gianni (sorridendo): – Ascoltami…. rifletti, soprattutto non essere rigido e deponi le armi.-
Franco (perplesso e a voce bassa):- Proviamo come dici tu.-
Gianni non ha convinto Franco, non ha usato la forza degli argomenti, però lo ha persuaso, lo ha indotto a fare quello che voleva lui. E Franco si è lasciato persuadere, perché?
Apparentemente sembra che Gianni sia più dolce, il suo modo di parlare più pacato, in realtà manifesta atteggiamenti di superiorità, ed è un prevaricatore, subdolo per di più. Invita Franco a riflettere, come se la riflessione fosse un dovere di Franco e non di tutti e due; e sposta l’attenzione sull’aspetto metacomunicativo: sei rigido, sembra che tu abbia paura di essere prevaricato. Franco cade nel tranello.
Non tolleriamo di sentirci dire che siamo rigidi, tantomeno che abbiamo paura.
Quando due persone discutono e presentano ciascuno un punto di vista diverso della situazione problematica, oppure una differente soluzione, spesso accade che uno dei due, proprio quello che maggiormente vuole imporre le sue idee, accusi l’altro di essere rigido, di rimanere ancorato alle idee e di non accettare suggerimenti. In realtà questo accade anche all’accusatore, anzi chi devia il discorso e accusa di rigidità l’interlocutore, non solo è anche lui rigido, ma attua un tentativo, più o meno mascherato, di imporre la propria idea, spostando appunto l’attenzione dal problema alla persona, dal compito alla relazione. Se l’interlocutore teme il giudizio di rigidità cade nel tranello. Se è avveduto e si rende conto che il suo interlocutore è perlomeno altrettanto rigido, risponde più o meno così, rimanendo sullo stesso piano metacomunicativo: Può darsi che io sia rigido, intanto comincia col non esserlo tu. Cedi e facciamo per ora come dico io. La prossima volta faremo come dici tu.
La questione della rigidità/flessibilità viene sollevata assai spesso e a sproposito proprio come accade nell’aneddoto.
La flessibilità non si misura nel confronto tra persone, si misura soprattutto con la situazione problematica e con la capacità di adattare continuamente la propria osservazione agli aspetti diversi del problema.