L’On. Teresa Bellanova del PD ha presentato un’interrogazione parlamentare a risposta in Commissione ai Ministri dell’Interno e del Lavoro e Politiche Sociali, in merito ai fatti della masseria Boncuri di Nardò.
“Nella masseria Boncuri a Nardò, Puglia, Italia, si muore” afferma la Bellanova.
“Ma a morire non è solo quell’uomo che aveva lavorato, sotto il solleone estivo, dalle cinque del mattino fino alle sei del pomeriggio, e che una volta rientrato accalorato aveva fatto una doccia, con acqua fredda, l’unica a disposizione, e si era disteso a riposare su un cartone per terra, per non risvegliarsi mai più. A morire a Nardò, Puglia, Italia, sono anche la civiltà e la legalità, sotto i colpi dello sfruttamento di esseri umani. La stessa Puglia che, soltanto pochi anni fa, qualcuno ritenne di voler candidare al premio Nobel per l’accoglienza fornita ai migranti, oggi si ritrova ad essere teatro di questi fenomeni di ordinaria barbarie, in uno scenario di diritti umani e lavorativi quotidianamente calpestati”.
“Nel maggio 2010” ricorda la Bellanova “era stato approvato all’unanimità dalla Commissione lavoro della Camera dei deputati, il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sui fenomeni distorsivi del mercato del lavoro (lavoro nero, caporalato e sfruttamento della manodopera straniera), del quale io stessa sono stata relatrice e proponente. In quel documento si dava particolare importanza all’approccio a tale fenomeno, poiché si riconosceva la rilevanza strategica assunta dalla manodopera straniera regolarizzata nell’attuale sistema economico e produttivo italiano. Si era inoltre convenuto ed evidenziato che, allo scopo di contrastare il fenomeno dell’irregolare e del sommerso, non si può prescindere dalla necessità di aumentare la protezione sociale di coloro che risultano soggetti a sfruttamento, anche, ad esempio attraverso il riconoscimento del permesso di soggiorno in caso di denuncia dei loro persecutori mediante l’applicazione dell’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione. Ma nello stesso testo si affermava, sempre all’unanimità, la necessità di istituire il reato penale di grave sfruttamento del lavoro, il caporalato appunto. Ma l’unanimità di quel giorno si è rivelata evidentemente soltanto apparente, poiché quelle ottime intenzioni sono purtroppo rimaste lettera morta”.
“Le vicende della masseria Boncuri, così come quelle di un mese fa a Castellaneta e Ginosa, rappresentano allora l’emblema di uno Stato che si rifiuta di voler affrontare questa realtà, dimostrando di preferire alimentare la discriminazione piuttosto che favorire l’integrazione”.
“Ma allo stesso tempo, i fatti di Nardò, un anno dopo Rosarno, ci forniscono un’altra importante lezione di legalità, anche questa volta da parte di immigrati extracomunitari. Perché il grave sfruttamento del lavoro, i diritti calpestati, in Italia non colpiscono soltanto i migranti, ma molti lavoratori italiani evidentemente considerano quasi “naturale” questi fenomeni, quasi fosse un destino ineluttabile. Ma il proliferare di questi fenomeni rappresenta un grave arretramento del livello di civiltà, davanti al quale la nostra società non può chinare il capo. Ed è questo quello che quei ragazzi nordafricani ci stanno oggi insegnando dalla masseria Boncuri a Nardò, Puglia, Italia”.