Prima di osservare le ricadute dell’azione economico-finanziaria del Governo Monti sull’economia leccese è d’obbligo fare una breve panoramica degli effetti che questa sortirà sulla società italiana nei prossimi due anni.
In primo luogo la politica del Governo Monti creerà un divario ancora più accentuato tra classi agiate e classi popolari, soprattutto quelle che vivono in un contesto prevalentemente precario. Sotto il profilo più strettamente economico mentre la finanziaria ha ridotto la capacità di spesa delle classi medio-basse e basse, le politiche future di rilancio dell’economia, così come prospettate, riguardano solo le classi alte e medio-alte, aumentandone in buona sostanza il potenziale di spesa. Più nello specifico e sotto il profilo dei consumi, per il 2012 e anche per l’anno che seguirà, saranno messe in sofferenza tutte quelle produzioni di beni più economici, mentre aumenterà il consumo di beni di lusso. In tale prospettiva, la produzione ed il commercio di beni oggetto di consumo da parte del popolo, che costituiscono una fetta importante nel sistema economico italiano, registreranno una contrazione. Ne consegue che le imprese interessate da tali tipi di consumo, per sopravvivere tenderanno a ridurre i costi di produzione per riuscire a stare sul mercato. E ciò porterà naturalmente ad uno sviluppo e all’applicazione di tecnologie avanzate, con ricadute sull’occupazione, che, nei settori interessati, vedrà una significativa contrazione. Del pari però, nei settori impegnati nella produzione di macchinari avanzati si registrerà un aumento dei volumi produttivi. I risvolti sul mercato del lavoro saranno quelli di una forte tensione per il passaggio della mano d’opera dall’uno all’altro settore. Un incremento netto, con riferimento all’occupazione, lo registreranno tutte quelle unità produttive impegnate nella produzione di beni di lusso. La politica Monti certamente è una politica restrittiva, che avrà risvolti occupazionali non sempre ponderabili, almeno nel breve periodo, dove è ragionevole prevedere frizioni di non poco conto.
Con riferimento alla provincia di Lecce, le manovre Monti porteranno ad una vistosa riduzione dei consumi. E questo in parte perché essa non è stata ponderata in funzione del reddito pro-capite. Un conto, infatti, è il contributo sulla benzina da parte di un leccese che ha un reddito pro-capite di circa 13.000 euro, un conto è il contributo di un settentrionale che ha un reddito pro-capite più che doppio rispetto al nostro. D’altra parte, l’imposta patrimoniale (ICI), colpisce in maniera particolare la popolazione leccese, pioché gran parte del patrimoni delle famiglie del basso Salento sono costituiti da immobili, al contrario delle famiglie settentrionali, il cui patrimonio è più bilanciato con le liquidità finanziarie. In sintesi, il contributo al risanamento dei conti dello Stato da parte dei leccesi pare veramente importante e forse sproporzionato rispetto alle nostre reali capacità.
E’ ragionevole prevedere che i consumi nei prossimi due anni in provincia di Lecce registreranno una nuova contrazione, con ricadute importanti sul commercio, dove gli operatori finanziariamente deboli lasceranno il mercato, mentre quelli più lungimiranti procederanno a uno sviluppo dimensionale per abbattere i costi.
Nonostante tutto ciò, gli effetti della manovra Monti potrebbero avere per la provincia di Lecce risvolti estremamente positivi. Ci troviamo infatti in circostanze simili a quelle registrate dopo il 1963, quando a causa di una politica monetaria restrittiva del Governo, si avviò il processo di decentramento produttivo dell’industria settentrionale verso alcune aree meridionali, per recuperare competitività sui costi. Si sviluppò così nel leccese il TAC. In altre parole, molte industrie e attività centrate sui beni più economici potrebbero trovare conveniente decentrare in provincia di Lecce alcune loro linee produttive. Così è possibile un rilancio delle nostre industrie del tessile, dell’abbigliamento e delle calzature, un ulteriore sviluppo delle industrie delle cucine e dei mobili in generale. Ma un altro settore interessato fortemente sarà il turismo e anche l’agroalimentere, nelle produzioni più pregiate registrerà sviluppi di non poco rilievo.
Sicuramente il 2012 e il 2013 saranno anni in cui la provincia di Lecce maturerà una nuova fisionomia economica, che, senza ombra di dubbio, implicherà non poca sofferenza, ma tutto lascia intravedere un futuro di grande sviluppo, che dovrà essere colto con intelligenza, formulando strategie di lungo periodo e di riscatto economico. In sostanza, l’azione del Governo Monti offre un’opportunità importante all’economia leccese, che ha il dovere di cogliere, in un’ottica volta a ritrovare la centralità che aveva prima della seconda guerra mondiale.