La mattina del 16 settembre 1792, il duca di Brunswick, comandante delle armate prussiane, alla testa di una truppa di 17 mila uomini, giunge nei pressi del piccolo villaggio di Valmy, situato a 150 chilometri da Parigi, dove li attende una forza di 10 mila francesi comandati dal generale Dumouriez.
Se l’attacco fosse stato sferrato immediatamente, con ogni probabilità l’esercito rivoluzionario si sarebbe dato alla fuga. Il duca, invece, concede alle sue truppe tre giorni di riposo come da manuale e, durante questo tempo, i francesi ricevono un insperato rinforzo di 18 mila uomini al comando del generale Kellerman e riescono a reperire cento cannoni.
Il 20 settembre, alle prime luci dell’alba, l’esercito prussiano parte all’attacco in condizioni di visibilità proibitive, a causa di una fitta nebbia che ne impedisce e ne disorienta la manovra. Inaspettatamente si trovano sotto il fuoco a tiro teso a mitraglia delle artiglierie francesi, già dislocate sul terreno. Le linee anteriori della colonna prussiana vacillano, allora Brunswick ordina il ripiegamento sulle posizioni precedenti, considerando la manovra come un’offensiva non riuscita. I francesi non si danno nemmeno la briga di partire all’assalto durante la manovra di ripiegamento avversaria, e tutto finisce così. L’intera operazione dura soltanto tre ore.
Da un punto di vista strettamente militare quella di Valmy non fu altro che una piccola battaglia d’arresto, tuttavia, sotto il profilo psicologico e quello politico, si trattò di un brillante successo poiché permise ai francesi di arginare l’avanzata nemica, scacciando il pericolo di un’invasione straniera, e di diffondere un’ondata molto forte di ottimismo, speranza e patriottismo. La notizia della vittoria volò in tempi brevissimi sino a Parigi, accolta con manifestazioni di tripudio generale. Gli stessi Giacobini, l’ala sinistra della Convenzione, un tempo contrari alla guerra, ne erano diventati i più ferventi sostenitori. Tra l’altro, il fatto che la Convenzione stessa fosse stata inaugurata proprio lo stesso giorno, conferiva alla vittoria conseguita sul campo un valore quasi profetico. Il giorno successivo la Francia veniva proclamata repubblica.
Cosimo Enrico Marseglia