Il XVII secolo vede consolidarsi il processo di formazione degli Stati Nazionali, iniziato sin dal secolo precedente, sui principi formulati da Nicolò Machiavelli. L’esperimento sembra riuscire in diversi paesi europei ma non in Italia.
In Francia, invece, con l’ascesa al trono di Enrico IV, alla fine del XVI secolo, si chiude un lungo periodo di lotte intestine, legate apparentemente a motivi di ordine religioso, e si riscontra un accentramento del potere nelle mani del sovrano, mentre in Inghilterra il conflitto fra la corona ed il parlamento determina la rivoluzione e la conseguente dittatura di Oliver Cromwell. L’Olanda, Stato emergente, fonda la sua potenza sul commercio, entrando inevitabilmente in conflitto con l’Inghilterra, mentre l’Austria consolida la sua supremazia sui principati tedeschi. L’unica eccezione è costituita dalla Spagna che attraversa un periodo di crisi la cui conseguenza finale sarà la totale decadenza ed il disfacimento del suo impero coloniale. Nelle corti europee trionfa il concetto di “Ragion di Stato”, ideato da Giovanni Botero nel suo testo “Della Ragion di Stato”, pubblicato nel 1589, inteso come l’insieme degli interessi, degli obiettivi e delle ambizioni di uno Stato, sui vari piani economico, politico e militare. Essa viene invocata per giustificare un atto dello Stato o dei suoi legali rappresentanti e, nella maggior parte dei casi viene a coincidere con il “Segreto di Stato”.
L’affermarsi del concetto di Stato Nazionale, in linea con la concezione machiavellica, porta anche alla necessità di disporre di un Esercito Nazionale privo di milizie mercenarie. In realtà l’impresa si presenta ardua e di difficile attuazione, dal momento che la vita del soldato offre una scarsa attrattiva nella popolazione, pertanto le armate europee presentano un organico misto che, pur essendo Nazionale nel nome, è composto da una piccola parte di forze volontarie appartenenti allo Stato affiancate a milizie mercenarie, tra le quali si ricordano gli “Svizzeri” ed i celebri “Lanzichenecchi”, autori di un violento saccheggio a Roma. Sarà solo la Prussia nei primi vent’anni del XVIII secolo ad organizzare il primo vero esercito Nazionale.
L’aspetto combinato del progresso scientifico e tecnologico con l’emergere degli Stati Nazionali, porta inevitabilmente al perfezionamento delle armi da fuoco, con la conseguente graduale scomparsa di picche e lance dai campi di battaglia e la loro progressiva sostituzione con i nuovi strumenti bellici, sia portatili sia di grosso calibro. Si tratta di un’epoca particolarmente florida per l’industria bellica italiana, che in un primo momento sembra occuparsi più dell’aspetto estetico, piuttosto che di quello funzionale, delle armi da fuoco. Intorno alla fine del XV secolo si producevano ottimi cannoni in Venezia, Genova, Ferrara, Napoli ed Urbino, che cominciavano anche a costruire i primi esemplari di pezzi in bronzo. Sempre su iniziativa dell’industria italiana, agli inizi del XVI secolo, furono inventati gli orecchioni, che consentivano il montaggio dei pezzi di artiglieria su affusti leggeri a ruote e trainati da cavalli, destinati ad aumentare ulteriormente il movimento e la velocità delle truppe. Intanto le prime palle, originariamente in pietra, venivano sostituite con quelle in piombo e successivamente con quelle di ferro, mentre le armate della Repubblica di Venezia furono le prime ad utilizzare dei proietti scoppianti o bombe.
Mentre il concetto di Stato andava affermandosi, nel 1647 la città di Napoli veniva sconvolta da una rivolta alla cui testa si poneva il celebre Masaniello. Il suo vero nome era Tommaso Aniello d’Amalfi venuto al mondo nella capitale partenopea nel giugno del 1620 da una famiglia di umili origini. Fra il 7 giugno ed il 16 luglio del 1647 riesce a sobillare il popolo napoletano, esasperato a causa dell’eccessiva pressione fiscale, contro il viceré, Rodrigo Ponce de León, costringendolo ad una poco decorosa fuga. Posto nel nuovo direttivo, che in realtà era guidato dal rappresentante della classe borghese G. Genoino, presentava una serie richieste popolari al governo iberico, che gli attirarono subito le accuse di eccessivo populismo. Contemporaneamente cominciava a manifestare alcuni segni di squilibrio mentale. Solo pochi giorni dopo la rivolta, il 16 luglio, veniva assassinato da alcuni emissari del ceto borghese.
Cosimo Enrico Marseglia