L’impressionismo nasce a Parigi nel 1874, in occasione della mostra organizzata per i nuovi pittori del fotografo Nadar e la scelta di organizzare la mostra in uno studio fotografico non fu meramente casuale. I pittori impressionisti, infatti, per la loro produzione artistica s’ispiravano proprio alle istantanee fotografiche
e quindi all’unicità ed irripetibilità di ogni momento ritratto, lì dove lo scalpore causato da tale nuova ed eccezionale corrente artistica è immensa, a tal punto che improvvisamente, sono messi in discussione tutti i parametri e criteri della pittura tradizionale.
Le figure e gli oggetti non sono più delimitati sulla tela da una linea di contorno uniforme: tutte le cose e persone si confondono vicendevolmente in un mondo dominato dalla luce e materia. Gli stessi oggetti, infatti, non sono circondati dal vuoto, ma dall’aria, ovvero da altra materia in grado a sua volta di rinfrangere la luce attribuendole nuove tonalità.
La rappresentazione pittorica, quindi, per essere decisamente fedele alla realtà, non necessita del disegno e dei contorni, ma piuttosto del colore per adeguarsi alla mutevolezza delle condizioni di luce e quindi di percezione del reale e da qui, quindi il nome impressionismo. I pittori appartenenti alla nuova corrente finiscono, infatti, per impegnarsi ad immortalare su tela ciò che è solo un’impressione, un’istantanea irripetibile, “l’attimo fuggente” tipico di un paesaggio, un volto umano, ed altro ancora in particolari condizioni di luce.
Gli impressionisti rilanciano così la pittura en plein air ed alle rappresentazioni costruite in atelier prediligono di gran lunga quelle originate dalla diretta osservazione della realtà, specialmente paesaggistica, su cui più immense ed evidenti sono le variazioni dovute alla mutevolezza nelle ore di luce quotidiana e relative condizioni metereologiche.
Vincent Van Gogh (Zundert, 30 marzo 1853 – Aivers – sur- Ase, 29 luglio 1890), s’inserisce a pieno titolo, nell’ambito della corrente pittorica impressionistica e la sua straordinaria abilità nell’utilizzo dei colori ed abbinamenti, lo designano come una personalità di spicco. Egli, inoltre, si distingue dagli altri grandi, come Monet, Manet, Sisley, Pissarro e Gaugin, maggiormente per il potente soggettivismo e con le sue tele e non è mai del tutto fedele alla realtà, ma piuttosto, tramite la sua percezione, ne offre una rappresentazione irripetibile sia per la mutevolezza della luce e sia per la personalità delle sensazioni, percezioni ed umori di chi la rappresenta.
Sin da quando era predicatore presso i minatori del Borinage, l’artista nel raffigurare le famiglie di tali minatori, non riesce a non esprimere su tela, servendosi dell’espressioni, il colorito spento ed il grigio delle abitazioni, la propria empatia per il dolore e la fatica quotidiana di quei lavoratori, lì dove dedicandosi, poi, totalmente alla pittura e coabitando con Gauguin, si appropria ampiamente delle tecniche impressionistiche coltivando e sviluppando la sua immensa sensibilità coloristica.
L’amicizia con Gaugin non durò a lungo in quanto egli nutrì per lo stesso una passione così travolgente da perdere per sempre il suo già precario equilibrio psichico. Infatti, da lui brutalmente abbandonato, ne fu così sconvolto da dover essere ricoverato presso l’ospedale psichiatrico di Saint Remy dopo essersi tagliato il lobo dell’orecchio.
Da quel momento la sua pittura diventa un grido disperato, comunicando al prossimo la sua disperazione interiore. I contrasti fra i colori sono più decisi, le atmosfere più cupe ed il colore nero viene usato sempre più sovente, mentre le ampie volute ed i ripidi vortici che percorrono sfondi e cielo nelle sue tele esprimono l’instabilità del suo mondo interiore, attraversato da un’angoscia invisibile.
In questo periodo, inoltre, Van Gogh dipinge molti ritratti proprio perché tramite l’espressione tirata e melanconica dei volti riusciva meglio ad esprimere la propria sofferenza interiore. Concludendo, egli è senza dubbio una delle personalità più interessanti e tormentate dell’impressionismo francese e con la sua arte finisce per indicare ai pittori immediatamente successivi la strada da seguire per renderla del tutto originale e personale e non puramente rappresentativa.
“Le opere, come nei pozzi artesiani, salgono tanto più alte quanto più a fondo la sofferenza ha scavato il cuore”. (Marcel Proust)