Sabato 27 ottobre, alle ore 18:00, presso la sala San Martino dell’Hotel Hilton Garden Inn di Lecce, ha avuto luogo la presentazione di “Ambasciatori di Bahá’u’lláh”, un saggio da leggere “con la vista e con l’udito delle inesplorate risorse dell’anima, con mente libera e cuore aperto”, come suggerisce lo stesso autore Mario Piarulli.
Un singolare appuntamento, reso concreto da “Il Caffè Letterario Mimose” e l’“Officina delle Parole” di Lecce, che ha lasciato largo spazio allo scrittore, amichevolmente chiamato, nel corso della serata, “Signor Mario” da Pompea Vergaro, coordinatrice dell’evento, e poi da tutto il pubblico sempre più entusiasta ed affettuoso nell’accogliere le delicate, ma determinate, parole dell’autore. Un “amico” che, con leggiadria ed ironia, ci ha condotto in un viaggio ricco di intrecci, documenti, eventi ed episodi particolari, “pennellate” di personalità, tutte fonti autorevoli che, nel presentare il carattere di ciascuna mano, hanno “cercato” un unico sentimento divino di condivisione spirituale.
Un saggio storico, come scrive Pompea Vergaro, “per narrare l’avvento della fede Bah’ài, che abbraccia un periodo di circa cento anni di eventi, tra lettere, fotografie, testimonianze, episodi personali, guidati da emozioni, ricordi e valori autentici”.
Ed infatti le “ragioni” del saggio, che vanta un lavoro durato vent’anni di ricerche e studi racchiusi in un paio di volumi di circa mille pagine, sono da ritrovarsi in due punti essenziali: la necessità di raccogliere, reperire, conservare, attraverso il tempo, documenti che, altrimenti, con il passare degli anni, sarebbero andati perduti; rendere, quindi, omaggio ai signori Giachery, il marito Ugo e la consorte Angeline, quest’ultima indicata nel libro come “la più preziosa collaboratrice”, “perché tale lavoro ruota intorno alla loro vita, ai loro servigi resi al genere umano” – ha affermato Mario Piarulli – una ricerca che “non è una questione locale”, in quanto riguarda “non solo il Salento, ma i tre quarti del pianeta”.
“Ambasciatori di Bahá’u’lláh”, un equilibrio fra progresso e tradizione che intende stimolare il rinnovamento personale e l’avanzamento sociale per aprire il cuore e la mente all’arte, alla letteratura, alla storia, facendo scorrere, attraverso particolari intrecci, “quel filo aureo per metterli insieme” – come afferma lo stesso autore – e giungere al senso di unità con semplicità.
Ad “aprire l’opera” il canto a cappella di Elisabetta Opasich, riproposto più volte, nelle sue “semplici” tematiche, nel corso della presentazione del saggio. Non una interruzione, ma un completamento, un arricchimento che ha “toccato”, con le sue corde vibranti, la Spagna attraverso il tango di Piazzolla, “un pezzo dedicato a tutti i sud del mondo sulla nostalgia e sul tempo”, come ha spiegato Elisabetta Opasich al termine dell’esibizione.
La musica: un corollario volto a raggiungere il significato teleologico della religione Bah’ài: l’unità del genere umano; “una scienza encomiabile” e, ancora, “una lingua universale” – come ha citato Mario Piarulli nello “stendere” i suoi documenti, mentre immagini scorrevano innanzi all’ascoltatore. “Come posso io far seguire ad un canto la mia voce?” – aggiunge con voce umoristica e flebile.
Da qui, le coincidenze volte a cogliere il senso della storia sono divenute sempre più chiare ed evidenti: l’accento si è posto sull’eccezionalità del diciannovesimo secolo, un periodo di “risveglio” e di rinascita della letteratura, della musica, della spiritualità: un grande desiderio della ricerca della verità. Facilmente è emerso, tra i documenti, il sonetto di “un nome che fu scritto nell’acqua”, il poeta inglese John Keats, vissuto tra la fine del Settecento ed il primo ventennio dell’Ottocento, scomparso, quindi, prematuramente. Ma la storia ci ha riservato altri nomi: dagli zar di Russia alla Regina Vittoria, a Maria regina di Romania, ancora a Churchill, Roosevelt, solo per citarne alcuni.
Durante l’incontro sono state proposte letture, tratte dal saggio, giunte all’orecchio enfatizzate dalla voce di Mauro Ragosta. Nell’aria parole come “…Quando desideriamo raggiungere qualcosa dobbiamo liberarci dai modi usati dalla società e da ciò che abbiamo studiato” … “Nulla al mondo è privo di significato”.
Leitmotive della serata sembra, però, essere ancora la musica. Nella prima metà dell’Ottocento – ricorda Mario Piarulli – sono state eseguite trentanove opere, nella seconda metà novanta. Ed è veramente un leitmotive: Wagner è presente con il suo concetto di “opera d’arte totale”: l’unicità è il suo “filo conduttore” che, oggi, sembra ritornare con una nuova emozione che è quella di una nuova epoca, la quale rispecchia una società nuova e diversa rispetto al passato ed al futuro. Anche a Chopin la sua parte: lo scrittore “ne fa una composizione” proclamandolo “nato con la musica”.
«Questo è il seme, inimmaginabile nei suoi sviluppi e nelle sue implicazioni, un esempio della creatività della Parola di Dio. Da quella, diremmo, semplice, breve allusione, appare nel mondo un fenomeno mai esistito nella storia spirituale del genere umano, un contributo senza pari al progresso degli uomini, allo stabilimento della Sua Legge, alla protezione della Sua Causa. Tale seme ha la distinzione unica di iniziare la sua apparizione, la sua crescita, con Bahá’u’lláh Stesso».
“Ambasciatori”, un’espressione profondamente storica che si fonde con il concetto di collaborazione tra gli uomini, concetto che si slancia nel tempo, e, nella sua purezza, come afferma lo scrittore, “può dare dei risultati sorprendenti”.
Così, «il profumo degli episodi e delle emozioni» ha preso forma e respiro attraverso le immagini, le parole e la musica, nonché attraverso il nostro pensiero. L’intento di «far vibrare le corde dell’affetto e dell’ammirazione e suscitare il desiderio di pervenire ad altezze maggiori di ogni altra ancora conosciuta» sarà stato raggiunto?
Lo scopo fondamentale che anima l’intero corpo degli scritti di Bahá’u’lláh, il fondatore della religione Bah’ài, è, infatti, l’idea dell’unità del genere umano. Bahá’u’lláh era un nobile persiano di Teheran che, verso la metà del diciannovesimo secolo, lasciò un’esistenza principesca, comoda e sicura, per una vita di persecuzioni e privazioni.
«Quando i bahá’í affermano che le varie religioni sono una, non intendono che i vari credi ed organismi religiosi siano gli stessi. Credono, piuttosto, che vi sia una sola religione e che tutti i Messaggeri di Dio – quali, ad esempio Mosè, Krishna, Zoroastro, Buddha, Cristo e Maometto – ne abbiano rivelato progressivamente la natura. Complessivamente, le grandi religioni mondiali sono espressioni del dispiegarsi di un unico piano divino: “l’immutabile fede di Dio, eterna nel passato, eterna nel futuro”».
Secondo la fede Bah’ài Gesù Cristo, Maometto, Buddha, ed altri, sarebbero stati, dunque, tutte manifestazioni di Dio e avrebbero rivelato solo quello che l’umanità poteva capire in uno specifico periodo storico; la religione Baha’i crede che “l’insegnamento di Mosé è stato il bocciolo, quello di Gesù il fiore e quello di Bahá’u’lláh è il frutto”. Una religione monoteista da molti definita “matura”, poiché, si dice rappresenti la nostra epoca, l’età del progresso, il frutto della storia, quella in cui noi oggi viviamo, infine il “luogo”, da tutti condiviso, “vittima” del continuo divenire dello spazio e del tempo.
Una religione indipendente che, nata in Iran durante la metà del XIX secolo, e nei due volumi ha abbracciato solo un periodo di circa cento anni di eventi, dalla seconda metà dell’Ottocento agli anni ottanta del secolo scorso, ha un proprio credo, un proprio scopo, un proprio fondatore. Tra i suoi principi ritroviamo l’abolizione degli estremi fra ricchezza e povertà, l’idea che la scienza e la religione siano delle componenti della medesima realtà, l’uguaglianza dei diritti tra uomo e donna. In Africa, ancora oggi, sono le donne a coltivare gran parte del cibo ed i progetti volti a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento in queste regioni dipendono, secondo i bah’ài, in larga misura dal miglioramento delle loro condizioni.
La fede Bah’ài in Italia è presente da diversi anni, almeno dalla metà del Novecento; è la seconda religione più presente nel mondo da un punto di vista statistico; non come numero di credenti, ma come numero di località, di villaggi, città, nazioni in cui i Bah’ài risiedono. Essi operano anche in una serie di progetti educativi, spirituali, socio-economici, al fine di promuovere l’ideale della pace universale.
“Ambasciatori di Bahá’u’lláh”: un saggio, “un mosaico composito” in cui Mario Piarulli narra la sua esperienza di sessant’anni nella fede, di trentaquattro nelle Istituzioni Nominate e la ventura di aver conosciuto il Custode, Costruttore dell’Ordine Amministrativo.
Il saggio narra della seconda guerra mondiale, della costruzione dei luoghi sacri avvenuta ad Haifa sul Monte Carmelo e conclude con una dettagliata bibliografia, una ricca appendice, un glossario.
L’autore, nella presentazione, non ha “peccato” di riferimenti alla sua terra: l’occhio al luogo in cui è nato è stato uno sguardo a luoghi come Nardò e Santa Maria al Bagno, che ospitò profughi ebrei, senza dimenticare, però, “che nessuno si vanti di amare il suo Paese, si vanti piuttosto di amare il suo simile!”
Sullo sfondo del video che durante la conversazione è stato proiettato, è apparso un pulcino: “Ogni creatura, anche la più piccola, è nella mano di Dio come se fosse la sua unica preoccupazione”.
Ed il cuore? “Vincerà”.
Altre Fonti:
– www.bahai.com/ibahai/pag37.htm;
– www.bahai.com/ibahai/pag63.htm.