Il vuoto
…
Tutti lo hanno provato improvvisamente…
se lo superi sei un campione
hai vinto tutte le sfide
potresti davvero essere felice.
Recentemente, si è presentato per la prima volta El Vacìo di Marta Toraldo (Lupo Editore), alla Feltrinelli Point di Lecce in Via Cavallotti, 7 dove hanno magistralmente colloquiato con la giovanissima e versatile poetessa, Stefano Donno curatore della prefazione e Mauro Marino.
Marta Toraldo è nata a Maglie (Lecce) nel 1991. Vive e studia a Lecce, dove frequenta l’ultimo anno della triennale di filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università. Ha pubblicato una raccolta poetica dal titolo Vie Fuggitive i cui versi sono stati tradotti in inglese (ed. Icarolibri, collana poetica “voli”, 2009). Alcune sue poesie sono apparse in dicembre (2012) nella raccolta antologica della Fondazione Mario Luzi di Roma.
Marta, con i suoi delicati versi, tradotti in lingua spagnola, tutti da leggere e meditare racchiusi in un prezioso volumetto di 139 pagine finemente rilegato, dall’elegante veste grafica ed accattivante copertina, dà voce a quella sconosciuta felicità che alberga nel profondo della sua anima prorompendo tramite il ripristino dell’unità spirituale, dell’uomo e della sua coscienza.
Il suo è uno scrupoloso viaggio sentimentale ed introspettivo, attraverso una scrittura fluida e spontanea, un lungo ed articolato percorso in cui il suo io si dibatte nella contemplazione di due forze contrastanti: l’inesausto bisogno di assoluto che si contrappone alla percezione dell’intrinseca infelicità dell’uomo, peraltro accentuata e retorica.
La vera consapevolezza per lei non significa volontà di potenza e sopraffazione di uomini su altri ma allungamento della propria visione del mondo, convinta com’è che la chiave della vita si trova nella nostra interiorità, nel nostro io dove ha sede un mistero sconfinato, l’emozione più profonda.
In un’epoca segnata dalla comunicazione globale, la poesia dev’essere immediata e non uno sterile esercizio letterario, nato per il compiacimento dell’autore, privo del “desiderio divino” di cui scriveva Platone.
Il suo poetare educa al rapporto con la società, il mondo dei valori lì dove fra gli uomini, alberga una profonda incapacità a parlarsi dell’affetto reciproco perché è come entrare in un territorio sconosciuto in cui è indispensabile possedere il coraggio a piene mani di esplorare i territori proibiti ed i conflitti dell’animo, quel suo essere ai limiti della ragione perché rappresenta pure esperienza, amore della realtà e di noi stessi ovvero una piccola ma grande vittoria sulla stupidità, scoprendo che si può trovare il tutto nel minimo ed il particolare nel generale.
L’intimo piacere di scrivere poesie, che sia tormentato, appassionato, curioso e tanto altro ancora, è per lei pensiero astratto anche nella sua concretezza, un’emozione fulminante, travolgente ed intensa ma difficile da spiegare perché la lettura approfondita di questo suo piccolo, grande scrigno ci coinvolge pienamente essendo un vero e proprio balsamo in grado di consolarci nei momenti difficili della nostra esistenza, emozionandoci in quelli facili, distraendoci dal dolore piuttosto che indicarcelo, come un magico caleidoscopio che ne rivela abilmente le sfaccettature, per indicarci finalmente la luce.
Poetare è un’occasione particolare per curiosare nei sentimenti e nella creatività interiore dei poeti, in quanto costituisce fonte di sensibilità e ricchezza d’animo che irradia dalle cose, se attentamente osservate provenendo dal cuore se notevolmente sensibile e dalla continua capacità di stupirsi, così com’è per Marta, lì dove in un mondo così banalizzato, consumistico e materialistico, occorre la bianca ala della poesia per ristabilire il deteriorato equilibrio.
“L’utopia è l’unica scienza inesatta per fare dei calcoli, Il sogno è il travestimento utopistico del dannatamente bello”. Marta Toraldo