Giulia, una ragazza sui trenta circa, si recava spesso nei presidi sanitari, non per sua volontà, ma per ragioni di salute.
Un paio di anni prima, le fu diagnosticata una malattia ancora non del tutto conosciuta e poi, in seguito a diverse analisi, i medici conclusero che si trattava di carenze multivitaminiche e di una maldistribuzione di ciò che il suo organismo produceva, quando lo faceva.
Tuttavia, Giulia non si perse mai d’animo e, mangia oggi, mangia domani, tra cure ed alimentazione aveva recuperato notevolmente.
Durante le lunghe attese, sia durante la somministrazione della terapia, che in sala d’aspetto, le faceva piacere scambiare due chiacchiere con gli altri pazienti e i loro accompagnatori e, intanto, mordicchiava un panino.
“Mamma che buon odore!” – esclamò un giorno una signora seduta di fronte a lei nella sala d’attesa.
“Ne gradisce un po’?” – domandò educatamente Giulia.
“Non vorrei approfittare, ma accetto volentieri, perché per le analisi che dovevo fare stamattina, non ho mangiato e, debole come sono, mi sento svenire. Poi, aggiungici che sono qui dalle otto e sono già le dodici …”.
“Prego, approfitti pure! La capisco benissimo” – staccandole mezzo panino.
“Ma è troppo!”
“Tranquilla, mi rifarò a casa. Assaggi, è buono! Prosciutto cotto e peperoni, con una foglia d’insalata. Oh, eccole un tovagliolino, non si sa mai!”.
“Sei un tesoro!”.
La signora finalmente mangiò e si riprese.
Si riprese sul serio, si.
Una volta entrata dentro, le tirarono ancora del sangue e, meraviglia delle meraviglie, dopo anni di insistenti terapie, le sue analisi erano tornate normali.
I dottori, sentendo che aveva mangiato, gliele fecero ripetere dopo un paio di giorni: il risultato fu sempre lo stesso. Totalmente, definitivamente, guarita.
Giulia ne fu contentissima, era lì quando la signora lo seppe.
Nei giorni successivi, la ragazza continuò ad offrire i suoi panini: pomodoro, mozzarella, prosciutto crudo, formaggio, carne, ce n’era per tutti i gusti, quand’anche vuoto, un semplicissimo panino all’olio o al burro, a seconda di quello che aveva in casa.
Tutti, però, assaggiando anche solo un pezzettino delle sue bontà casalinghe, non si sa perché, guarivano, e definitivamente anche!
Fino a quando quel reparto si svuotò e rimase solo lei.
Allora, constatando i benefici effetti di ciò che preparava, Giulia pensò: “Quasi quasi, ne porto anche negli altri reparti, magari durante gli orari di visita. Chissà che non stiano meglio anche altri pazienti”.
Così fece e così fu. A poco a poco, l’ospedale si svuotò e tutti stettero bene.
La sua fama si estese a macchia d’olio, perché si sa, il passaparola cammina molto velocemente.
Così, ecco giungere altri ammalati, casi disperati, che almeno miglioravano e poi, pian piano, guarivano.
L’unica che rimaneva sempre lì, era lei, con la sua malattia, con grande disappunto dei medici, ai quali, questa cosa proprio non andava giù.
Era gentile con tutti, carina con tutti, educata, premurosa, aveva cura di tutti, aveva guarito tutti, e poi, proprio per lei, non si poteva far nulla.
L’ultimo giorno di uno dei cicli di terapia di Giulia, le si accostò un vecchietto.
“Ciao, sei Giulia?”.
“Si, ci conosciamo?”.
“Più o meno, diciamo di si. Ti osservo da tanto, sai?”.
“Davvero? Non sarà rimasto senza panino?”.
“No, no! Anzi, ne ho qui io uno per te. È un pane buono, fatto con le migliori farine e tanto amore, per te! Per tutto quello che fai e hai sempre fatto per gli altri, anche a costo di rimanere senza ciò che ti occorreva. Ti sei sempre prodigata per tutti, ed ora è giunto il momento di fare qualcosa per te. Assaggialo! Ti piacerà!”.
“Accetto con piacere, che gentile! Grazie!”.
Tirò il primo morso e … “Mmmmhhh! È buonissimo!” – con la bocca ancora piena, e tirando un altro morso – “Leggero, croccante e un sapore che … non so neanche come definire! Oh, chiedo scusa, che sgarbata! Non gliene ho offerto!”.
“Non preoccuparti, ne ho tanto! Ne vuoi ancora?”
“No grazie! Devo fare le analisi e altererei i risultati. Anzi, guardi, mi stanno chiamando. Torno subito”.
Il vecchietto sorrideva.
“Andrà tutto bene, fidati!”.
“Ci conto”.
Quel signore aveva proprio ragione. Dalla stanza interna si sentirono delle urla di gioia provenire da diverse persone: Giulia era guarita, totalmente e completamente.
Ai medici non restava che andare in vacanza, ma non si poteva, perché quella del medico è una missione. E allora, che fare a fronte di un ospedale vuoto?
Partire, per andare a guarire anche gli altri che stavano male, in altri paesi, e chi non si poteva permettere cure costose.
E il vecchino? Festeggiò con loro.
“Complimenti Giulia, sono davvero felice per te!”.
“Io non capisco, ma sono contenta, tanto contenta!”.
“Posso spiegarti: tu sei stata buona con tutti e hai continuato a sperare per tutti e hai potuto smuovere una montagna. Qualcuno avrà spostato almeno una collina per te, no? Continua così piccolina, sei forte!” – battendole il cinque.
“Senti, pensavo di partire con i medici. Ti va di venire con noi?”.
“Io sono sempre con voi”.
E così dicendo, si avviò verso la porta d’ingresso e svanì in lontananza …
Fine
Questo racconto è dedicato alla mia mamma, ed è nato da una sua idea. Io ci ho messo solo le parole. Un augurio di cuore a tutti gli ammalati!
Gabriella De Carlo