«L’essere più straordinario che abbia mai solcato la terra», scrive Jean Cocteau, di Arthur Rimbaud; difficile contraddirlo. Un genio poetico che ha vissuto la vita con la poesia sino alla fine dei suoi giorni, una passione sviscerata, resa evidente nell’attenta e analitica osservazione compiuta da Elio Ria in “Il ragazzo dalla faccia pulita”.
Il poeta salentino sembra quasi identificarsi nel malessere del poeta francese, nella non accettazione dei falsi miti, dell’ostentazione culturale del ceto medio, del vagabondare alla ricerca di qualcosa, della verità, di sé, dell’altro.
Elio Ria afferma onestamente che con questo libro non vuole aggiungere nulla a quanto già si sa o si è scritto su Arthur Rimbaud: fiumi d’inchiostro, certamente, data la rilevanza della figura del poeta.
Tuttavia, con questo scritto, Ria dal suo punto di vista – poeta egli stesso e amante di Rimbaud – conferisce senso e significato, oltre a un motivo di riflessione storiografica nei riguardi di una personalità influente in ambito non solo francese, ma europeo, persino contemporaneo.
Rimbaud, il primo poeta di una civiltà non ancora nata – lo definisce anni dopo un altro grande poeta francese, René Char, – oppure il “veggente”, come amava egli stesso definirsi, oltre all’attributo “maledetto”, da sempre appartenuto a quest’ultimo. Un aggettivo inappropriato, secondo Ria, perché la sua avversione nei confronti delle regole sociali, avversione che irride i sentimenti, che non si piega alle sottomissioni borghesi, in realtà è un tentativo di “aprirsi all’incontro”, di sollecitare risposte, di creare fratellanze. (p. 47).
“Il ragazzo dalla faccia pulita” è una cartina tornasole di Arthur Rimbaud, attraverso una narrazione avvincente della vita, appassionante dei viaggi, degli incontri come quello con Paul Verlaine, il quale rivela un nuovo volto di Rimbaud che è quello appunto di un “ragazzo dalla faccia pulita”.
La meraviglia poetica è sotto gli occhi di tutti, intellettuali, critici, poeti, appassionati o meno del giovane ostile alla falsità, alla superficialità che nella sua epoca – l’Ottocento – non osava nascondere, osannando lo sfarzo di ogni tipo. Un giovane che si è distinto da subito nel suo modo d’essere, utilizzando lo strumento del linguaggio attraverso la poesia per comunicare e raccontare – libero da ogni laccio sintattico – la realtà.
Elio Ria fornisce una chiave di lettura originale, cerca di interpretare, con dovuta perizia l’uomo e il poeta quale è stato e qual è Rimbaud oggi.
Non è pedante la lettura, nè petulante l’esposizione narrativa e critica; appare un romanzo, a ben vedere, una storia, la cui protagonista indiscussa è la poesia e il poeta non è altro che un servo umile nelle sue mani. Forse sì, è questo anche lo stesso autore: studioso, amante della poesia e un poeta ossequioso, mai servile, perseverante nel credere al valore immenso che l’arte poetica è capace di esprimere.
Senza dubbio, “Il ragazzo dalla faccia pulita” è diretto a quegli orecchi attenti e ad occhi luccicanti e desiderosi di stupore; a coloro che non cedono alle convenzioni e sono ben disposti ad ampliare le braccia della conoscenza.
Tuttavia, Rimbaud resta un rivoluzionario, un giovane che non si è accontentato di ciò che aveva, ma ha ricercato l’essenza della vita nella tragicità della stessa e non è un caso che abbia scelto un’esistenza libera e non facile, pagando a caro prezzo il suo andare, contro ogni pensiero benpensante o regole imposte e poste ad impedire il flusso benevolo delle idee.
È evidente, inoltre, che l’idea per eccellenza è la poesia e l’amore per essa, emersa a chiare lettere, nella lettura del testo di Elio Ria. E allora si legge: «Ho abbracciato l’alba d’estate. / Risi al wasserfall biondo che si scapigliò attraverso gli / abeti: dall’argentea cima riconobbi la dea. […] / In cima alla strada, vicino a un bosco di lauro, l’ho avvolta nei suoi veli adunati, e ho sentito un po’ il suo corpo immenso. L’alba e il ragazzo caddero giù nel bosco». (p. 134). Si riconosce, il sogno, l’immaginazione dietro la quale è manifesta l’alba, l’inizio di un nuovo giorno, di una bellezza, di una donna ed è meraviglia, quotidiano stupore, di chi osserva disincantato la Natura, la divinità, l’idealizzazione della poesia: idillio e verità assoluta.
Di Alessandra Peluso