Voce alla poesia, soprattutto quando è talmente altisonante da non poter essere azzittita come quella di una donna.
Siamo in prossimità di una ricorrenza importante: l’8 marzo, festa della donna. È scontato dire che la donna non debba aspettare questa data per essere ricordata, ma è altrettanto usuale che ogni anno si trasformi in festa commerciale – un po’ come tante, forse troppe – festività consumistiche.
In realtà, la “Giornata internazionale della donna”, comunemente definita come “Festa della donna” nasce per ricordare le diverse conquiste politiche, sociali, economiche, i diritti ottenuti con lotte e manifestazioni, ma anche i soprusi e le violenze che ancora si rintanano nella società odierna, sia salentina sia italiana.
Nota dolente per un essere femmineo insostituibile come quello maschile, ma che ancora oggi debba difendersi o attaccare, ponendosi come invece è in una condizione di perfetto equilibrio con l’altra metà della mela, come direbbe Platone.
Molteplici le ragioni per le quali questo accade. Tuttavia, in questo spazio dedicato alla poesia anziché ricercare queste ragioni, è più consono parlare di poesia.
Ecco appunto dar voce alla Poesia, alla donna Poesia, a tutte quelle donne che hanno dedicato la loro vita alla poesia. Tante, alcune conosciute come Alda Merini, Maria Luisa Spaziani, Antonia Pozzi, Patrizia Valduga, altre di una risonanza meno forte a causa di un destino avverso quale è stato quello della giovane Claudia Ruggeri.
Senza retorica e in punta di piedi mi accingo a parlarne, invitando ad ascoltare la forza della sua poesia, leggendola la si percepisce, in profondità, proprio come accade ad un sasso gettato in uno stagno: guardi la superficie pensando che sia tutto lì, e invece l’indicibile e l’invisibile sono nel profondo di quello stagno. Tutto si muove e riemerge.
Nata a Lecce, dopo aver vissuto a Napoli, ritorna nella sua città d’origine dove sceglie la morte, piuttosto di una non-vita e decide coraggiosamente di vivere, sperando che la sua scrittura diventi emblema per molte donne e testimonianza di vita per tutti. Non so dire, in realtà, se lei lo sperasse davvero, mi piace crederlo però, e penso che sia meritevole ricordarci di una siffatta donna: sofferta, viva, conflittuale, fragile e forse anche non compresa, non voluta da un amore che ha cercato disperatamente sino alla fine dei suoi giorni.
Sublimi i versi nel Lamento della Sposa barocca: «(…) T’avrei lavato i piedi / oppure mi sarei fatta altissima / come i soffitti scavalcati di cieli / come voce in voce si sconquassa / tornando folle ed organando a schiere / come si leva assalto e candore demente / alla colonna che porta la corolla e la maledizione / di Gabriele, che porta un canto ed un profilo, che cade se scattano vele in mille luoghi (…) / amore, / ti avrei dato la sorte di sorreggere, / perché alla scadenza delle venti / due danze avrei adorato trenta / tre fuochi, perché esiste una Veste / di pace se su questi soffitti si segna / il decoro invidiato: poi che mossa un’impronta si smodi / ad otto tentacoli poiché ne escano le torture». Versi liberi per una giovane donna che anelava la libertà e cercava di dare un senso alla vita, spesso abitudinaria, ripetitiva.
Una donna fragile la cui forza, però, indomabile è presente nella poesia. Qui, non ci sono ripensamenti, ma la libertà di dire ciò che si pensa, di decodificare l’impossibile, di infrangere qualsiasi sclerotizzazione della poesia stessa. Ogni parola ha un senso nel linguaggio di Ruggeri, ogni parola ha un peso a volte insormontabile, altre leggero, altre asfissiante, altre volte ancora distruttivo.
Claudia Ruggeri, in sostanza, parla nelle sue poesie dell’amore, della solitudine, del dolore, della bellezza, del paesaggio salentino in un passaggio nel quale descrive il palcoscenico della vita: il gioco delle relazioni sociali per ricorrere a delle parole simmeliane, che del conflitto delle contraddizioni ne ha fatto una filosofia. Un conflitto irrisolvibile per Simmel perché ogni attore sociale deve vivere come in teatro, recitare la propria scena, tirar giù la maschera per muoversi secondo un tempo e uno spazio ben preciso, delimitato, che Claudia Ruggeri non sopportava e ritrovava nella scrittura poetica un baluardo, una rifugio sicuro, un porto dove ormeggiare se stessa, i propri pensieri indecifrabili e incomprensibili ai più.
Eh sì, con l’augurio a ciascuna donna di trovare un porto dove salpare, se stessa come punto di riferimento, di ricercare la vita nella poesia, i versi di Claudia siano di buon auspicio non solo per l’8 marzo, ma per ogni giorno, acquistando quel valore unico che la poesia e la donna possiedono: «Non ha alba la vita / né tramonto. / Essa è un tramonto / all’alba e invano tendi / supplice la mano / al lampo che ti acceca / nel breve istante / in cui ti dà le stelle»; «mentre il sole galleggia / perché non vuole sbattersi / ancora, / poi la notte, / valva da lisciare / suggerire / col segreto del cardo / un cielo disadorno / quando / le cose nude / martellano la terra».
Alessandra Peluso
(I versi sono contenuti in “Canto senza voce”, di Elio Scarciglia, Terra d’ulivi editore e in “La sposa barocca. Sette saggi di Claudia Ruggeri, a cura di Pasquale Vadalà, LietoColle).