“Caligola” il dramma dell’uomo nel dramma come riconoscimento della propria condivisone umana. Misera, quando privato dell’amore l’imperatore Caligola coglie l’unica possibilità di dare un senso all’esistenza nella trasmigrazione di sé attraverso il potere.
Un’opera teatrale stupefacente, scritta da Albert Camus nel 1944, è stata rappresentata in teatro innumerevoli volte, così come questa del 2015 – dalla Compagnia Salvatore della Villa – presso l’Anfiteatro romano di Lecce.
Assistere a due ore di spettacolo è stato come guardarsi allo specchio e confrontarsi con la propria verità. Un tempo intenso e denso di inquietudini sconvolgenti.
I dubbi assalgono le profondità dell’animo umano: «Cos’è l’uomo senza l’amore? Chi sono io?».
Quale tragica assurdità viveva Camus nel ricercare se stesso, la felicità forse, servendosi del ricordo nostalgico della sua Algeri, del Mediterraneo, del sole, della madre: il suo grande amore.
Durante il viaggio della vita, però, l’amore lo conduce ad una solitudine profonda, ai sensi di colpa, a riflettere sulla sua condizione umana e su quella del secolo vissuto dal medesimo Camus.
Ecco allora che prorompe in scena la figura di Caligola, il quale depauperato dall’amore cade nel vortice anarchico del potere. Un animo dibattuto e tormentato con una volontà di potenza smisurata, la quale riusciva a realizzare tutto anche l’impossibile, come chiedere la luna.
Ma, attualmente, cos’è l’impossibile e cosa il possibile?
Che valore si dà alla vita, alla ricerca del sé, alla relazione con l’altro e che considerazione si ha della solitudine? Jung considerava tale condizione umana necessaria per partorire grandi idee, realizzare grandi progetti. In sostanza, la solitudine, quella sana – s’intende – aiuta a porgere gli orecchi all’anima e fa spegnere le luci finte.
Mentre, riflettendo sulla condizione solitaria di Camus trasbordata in Caligola si avverte un’insana anarchia, una situazione distruttiva di solitudine che spaventa, conduce ad approdare ad una tragica verità: la morte.
Questo si può desumere dal fatto che l’individuo moderno come quello contemporaneo si è lasciato facilmente catturare da materialismi osceni, la ragione calcolante derisa dai filosofi della modernità ha creato l’uomo macchina – quello del quale parla La Mettrie -, ad esempio, e non conosce il senso dell’umano, crede di sfidare il divino. Così per l’imperatore, la morte diventa l’unica e sola condizione che conferisce certezza: l’uomo dichiara la fine e può vivere solo conoscendo, vivendo e attraversando la morte.
È chiaro che l’immortalità, l’eternità, non appartengono all’umano, sebbene è insito in esso il senso di raggiungerla.
L’intera opera di Albert Camus eccelle in sublimi scene tratteggianti la drammaticità del singolo individuo. D’altro canto, solo i sentimenti lo rendono umano. E Albert Camus, al contrario di Caligola, è considerato un simbolo dell’Umanismo moderno francese ed un uomo che nella sua esistenza ha cercato di creare un nuovo umanesimo. Ha creduto, infatti, nella possibilità di riscatto dell’uomo, nella nobiltà dei valori umani, nel sentimento dell’amore necessario per una vita dignitosa. Amore universale dunque per se stesso, per l’altro, per la natura, per la bellezza del sole, del calore che potevano sprigionare nient’altro che benessere.
Ed oggi?
Ci troviamo ancora qui a combattere contro le fragilità umane, le miserie, a vivere l’assurdo ma senza alcuna rivolta, a vivere la solitudine disarmati, a non avere valori da condividere con il resto del mondo, a credere ad un potere che non verte sulla “pubblica felicità”, ma sull’interesse individuale, così come al successo che, dopo un po’, si disperde come il fumo di una sigaretta.
Piuttosto che lamentarsi, dannoso, un altro atteggiamento consono forse potrebbe essere quello di riprendere l’umanismo di Camus, e l’epoca luminosa dell’Umanesimo, e destare attenzione su ciò che è davvero importante per ogni essere umano: valori, sentimenti, ricerca del benessere, felicità; o, forse? Potere, danaro, successo, invidie, sudditanze, egoismi, statiche rassegnazioni?
Avrei la risposta, ma è opportuno che ognuno dia la sua con la vita!
Alessandra Peluso