LECCE – La conferenza per il bilancio dei primi tre anni di governo di Vincenzo Zara dell’Università del Salento ha rinfocolato le polemiche. Abbiamo invitato tutti i docenti e i rappresentanti intervenuti a inviarci le loro relazioni, che ci siamo impegnati a pubblicare in questi giorni. È un modo per dare spazio a tutte le voci della comunità accademica senza filtri, perché emerga la piena verità sulla percezione che studenti e professori hanno maturato in questi tre anni sulla guida dell’Unisalento. Oggi leggiamo l’intervento della senatrice accademica, professoressa Gloria Politi.
“A farmi prendere la parola per fare un bilancio sono spinta tanto dal mio ruolo di Senatrice quanto da quello di Elettrice che ha non solo votato, ma anche sostenuto l’attuale Rettore.
L’ho votato perché aveva presentato un programma in cui mi riconoscevo: un programma in cui non c’era traccia di un progetto di revisione dello Statuto che invece ci ha tenuto impegnati per tre anni; un programma in cui non c’era traccia di quei dubbi radicali sui progetti edilizi finanziati dal Piano per il Sud che hanno invece rallentato se non intenzionalmente trascurato l’iter burocratico fino a fare perdere a una Università come la nostra, a un territorio bisognoso di investimenti come il nostro, 49 milioni di euro.
L’ho votato perché parlava di un metodo Zara che prometteva collegialità e condivisione, e, come Senatrice, mi sono trovata spesso di fronte a una malintesa interpretazione dell’organo collegiale e del dibattito come luogo in cui parcheggiare le proprie indecisioni e rinviare o rimpallare la responsabilità della scelta.
Salvo poi apprendere dai giornali, io Senatrice, di premi programmati, istituiti e attribuiti senza che io, che noi, organo collegiale di governo, ne sapessimo niente, senza che neppure i criteri fossero discussi collegialmente. Salvo poi leggere sulla stampa dell’arrivo del presidente della Repubblica, evento gestito quasi di nascosto per settimane. Salvo leggere sempre sulla stampa, più o meno attenta alle nostre questioni, che l’alfiere della pacificazione, come si era proposto in campagna elettorale, andava un giorno sì e l’altro pure in procura a querelare vivi e morti, suore e laici (e assicuro a chi non lo sapesse che non è un’iperbole). Salvo poi scoprire con tutti i problemi che abbiamo, trova anche il tempo di spostare, o chiamare la ditta per far spostare, i ritratti dei rettori, probabilmente il monito di quello sguardo a prima mattina era divenuto insopportabile.
L’ho votato, ripeto, e nei limiti del possibile l’ho fatto votare. Di questo mi pento e mi scuso. E a questo errore, con questo intervento, spero di contribuire a rimediare”.
L.B.