“Dai poeti attendiamo la verità”, scriveva Hannah Arendt. Ma, quale verità e quali poeti?
Ci si interroga spesso su tale questione, forse qualcuno ancora se lo chiede, ma per darsi una o più risposte, occorrerebbe conoscere la poesia, o almeno tentare di farlo, leggere i poeti, studiare poesia, la parola, l’anima che risiede dietro un verso, conoscerne la storia.
Attualmente, ci si accosta alla poesia con estrema superficialità, apprestandosi ad occuparsi di laboratori di poesia o corsi di scrittura creativa e quant’altro, senza avere il pudore o il buon senso di approfondire. Certamente, pare anche opportuno andare al di là dei titoli altisonanti e capirne il contenuto. Ad ogni modo, la poesia è diventata – affacciandosi dalla finestra – popolare.
Bello apparentemente, sì bello spettacolo! Appunto, ma la poesia non è uno spettacolo. Basti pensare a quanti sono morti per essa.
E allora, occorrono i dovuti distinguo: gli amanti della poesia, gli appassionati, gli studiosi, sono differenti, posizionati in modo diametralmente opposto da chi usa la poesia o si serve di essa per apparire, o in senso generale la cultura, come forma che aliena il soggetto proprio come è accaduto per il denaro, la moda e altre forme descritte magistralmente da Simmel. Tant’ che lo stesso nel 1908-1911 parlava di “tragedia della cultura”, ora chissà cosa direbbe. L’apocalisse!
La poesia è stata brutalmente asservita. Ed ecco che, quando si presentano occasioni durante i quali occorre parlare di poesia e nello specifico tra pochi giorni del poeta di Lucugnano, Girolamo Comi, vien da fare spallucce, o rammaricarsi e poi, pensare che forse nessuno faccia del male pur non avendone le competenze; tuttavia, il dubbio è d’obbligo, in quanto si fa male e si provocano danni, visibili, per chi abbia voglia di vederli, e dopo aver visto, conoscerli, e trovare pure le dovute soluzioni.
Innanzitutto, si auspicherebbe una nuova pedagogia della cultura.
E dunque, Girolamo Comi, un nobile uomo da ogni punto di vista, poeta di una terra che si conosce paradossalmente per lui, Lucugnano, ed è bellissimo; come Maglie per Toma, Verri per Caprarica, ecc. Negli ultimi mesi, Lucugnano è agli onori della ribalta per via della biblioteca di Comi che sarebbe dovuta essere chiusa, ma fortunatamente l’impegno di alcuni e il buon senso non lo ha permesso, così come quel giardino incantevole, dei quali profumi e atmosfere sembra di avvertirli, sentire il profumo delle rose, i colori, l’immagine del silenzio, quello descritto da Comi: «Silenzio sommo: sembra un crosciare / dirotto di cascate abbaglianti / lungo la notte – colloquio con tanti / volti di luna fra pini e mare…»; un silenzio colto di chi la poesia l’ha amata davvero, e ahimè, in sostituzione di un incantevole giardino, memoria di un’integrazione tra culture differenti, c’è ora uno di quei “mordi e fuggi”, un luogo di ristoro che oramai traboccano in ogni dove, perché la ristorazione, per carità, per fortuna, non è in crisi e non credo lo sarà nei prossimi decenni.
È abominevole però non sottolineare il fatto che il verde, in tal caso sacro, possa essere sostituito, eliminato facilmente senza pensare ad alcuna conseguenza, per via sempre di un guadagno in arrivo.
Ho conosciuto la poesia di Comi e il poeta qualche anno fa, in seguito alla presentazione della antologia “Verso levante” (Bari, 2014), presentata a Lecce e nel 2015, ho visitato il palazzo baronale di Lucugnano, a pochi passi da Tricase, e ne ho parlato in questa stessa testata giornalistica, grazie all’incontro voluto fortemente e organizzato da Enrico Romano. Un luogo del quale spesso ne ho discusso anche con Giuliana Coppola, un luogo dell’anima, di una cultura della quale la stessa ne è stata promotrice.
Girolamo Comi è stato un uomo di spiccata cultura, amante della filosofia di Rudolf Steiner, ha pubblicato anche a sue spese, tantissimi libri di poesia e nel 1954 la nota antologia “Spirito d’armonia”. Un uomo di nobili ideali, generoso, con un ambizioso progetto iniziato riguardo l’Accademia dei poeti, per farne del Salento un punto di riferimento per tutti i salentini, gli italiani, e non solo.
Ci ritroviamo dunque, un’eredità che viene spesa male e gestita a volte con superficialità ed eccessiva leggerezza, supponenza: caratteristiche che dividono, vertono sul demerito, sulla quantità e non sulla qualità e non seminano nulla di imperituro. Forse occorre una scuola per formare e insegnare la poesia e sradicare il provincialismo dalle menti e dai cuori di alcuni attori salentini.
Si attende amore e devozione per la poesia. Si attendono tempi maturi per comprendere.
Grazie Girolamo Comi. Grazie Poesia.
Una serena Pasqua a voi, e una giusta resurrezione!
Alessandra Peluso