In materia di strategia, Napoleone più che un innovatore fu un interprete della dottrina e dei suoi principi. Infatti la caratteristica peculiare del suo modo di intendere il conflitto e di condurlo, è la totale coincidenza della strategia stessa con la politica. Come già era accaduto in tempi antichi con Alessandro Magno prima e, successivamente, con Cesare, anche nel Bonaparte l’aspetto strategico e quello politico si compenetrano a tal punto da fondersi pienamente. Quindi l’obiettivo, designato di volta in volta, assume una valenza di carattere non solo militare ma è anche mirato ad un più grande disegno di governo, pertanto anche l’azione bellica diventa di per sé un atto di politica e non strumento di questa. Ciò risulta evidente dalla fusione della funzione del comando militare con quella governativa in un’unica persona, come avvenne durante il consolato e successivamente con l’impero.
1Il principio cardine della dottrina bellica di Napoleone è l’attuazione dell’offensiva, intesa come la forma di lotta più redditizia, ad ogni costo, che nella realtà si concretizza in una costante ricerca della battaglia. Gli obiettivi fondamentali della manovra sono l’annientamento delle forze materiali e delle energie spirituali dell’avversario, l’utilizzo della sorpresa per ingannare il nemico e costringerlo alla lotta in situazioni di svantaggio, evitando in tutti i modi di essere sorpreso,l’impiego delle sole forze necessarie, in relazione all’entità dell’obiettivo.
L’applicazione pratica di questa dottrina dava luogo a differenti metodi di attuazione dell’offensiva stessa:
– contro un nemico raccolto, in genere Napoleone interponeva il grosso delle truppe fra la massa nemica e le sue basi di approvvigionamento, per interrompere ogni linea di comunicazione e, sfruttando la sorpresa, lo costringeva alla battaglia a fronte rovesciato;
– se l’avversario era in via di raccoglimento, con una rapidità di intervento eccezionale, si incuneava fra le maglie delle sue forze , frazionandole in più aliquote, che successivamente affrontava e sconfiggeva separatamente, una dopo l’altra, iniziando da quella più temibile;
– in altri casi effettuava una manovra centrale diversiva, attraverso una simulazione di attacco a fondo, il cui scopo consisteva nel costringere l’avversario a frazionarsi, quindi inviava il grosso delle forze fra le aliquote formatesi e le batteva in rapida successione.
Per ciò che concerne l’aspetto tattico, questo doveva rispondere alle esigenze ed alle finalità strategico-politiche e, pertanto, doveva essere studiato nei minimi dettagli per non incorrere nel rischio del fallimento. La manovra della massa doveva risultare costantemente protetta da un dispositivo di sicurezza continuo, fornito da aliquote di cavalleria in avanscoperta ed in esplorazione, e da avanguardie e retroguardie, che dovevano garantire un costante servizio di informazione e la massima segretezza. Questi due punti assurgono un’importanza fondamentale, mai concepita in precedenza. La battaglia che ne seguiva, poteva essere di due tipi:
– Avvolgente, una volta riconosciuto il dispositivo dell’avversario, Napoleone lo investiva col minimo necessario delle sue forze su tutta l’estensione della fronte e del fianco opposto, in modo tale da costringerlo ad impiegare la riserva, quindi, raggiunto lo scopo, dopo un intenso fuoco d’artiglieria concentrato in un punto ben preciso, faceva partire un attacco a fondo col grosso delle forze.
– Frontale, in tal caso l’attacco veniva condotto sulla fronte nemica con la massa concentrata su un determinato punto, al fine di aprire una breccia nel dispositivo avversario, successivamente lo sforzo veniva sostenuto ed alimentato sino a raggiungere lo sfondamento delle linee.
In entrambi i casi, ottenuto il successo, seguivano l’urto e l’inseguimento degli sconfitti, ad opera delle grandi unità di cavalleria, sino al loro totale annientamento.
Cosimo Enrico Marseglia
* Tratto da C. E. Marseglia, “Les Enfants de la Patrie”, Edit-Santoro, Galatina, 2007