David Goodall era uno scienziato inglese di nascita, naturalizzato australiano, di 104 anni e di professione botanico ed ecologista. Vedeva e sentiva, da ogni punto di vista, il peso della vecchiaia e non aveva nessuna voglia di passare gli ultimi momenti della sua vita solo e senza affetti. Né, tantomeno, aveva voglia di sottostare alle angherie che il tempo stava compiendo, con effetti devastanti, sul suo corpo ormai stanco; tanto stanco, da spingerlo a chiedere ad una fondazione svizzera, la Exit International di Basilea, di praticargli il suicidio assistito.
Ma tutto ciò non deve meravigliarci. E, soprattutto, non diamogli del pazzo.
Certo, il Vaticano non sarà mai d’accordo. Per non parlare del moralismo conformista dei perbenisti e del convenzionalismo ipocrita dei tartufi alla Molière.
Vivere così a lungo, oltre ogni ragionevole aspettativa di vita, non sempre è cosa buona e giusta. È vero, la medicina molecolare ha fatto passi da gigante. Non v’è dubbio. Oggi festeggiare gli ottant’anni è la regola (con le dovute eccezioni). Si vedono ultraottantenni dal fisico prestante come quello di un sessantacinquenne. Ma molti anziani sono costretti al letto e la gran parte di essi non sta bene mentalmente. Spesso hanno bisogno di assistenza che non sempre trovano o non trovano come vorrebbero. Quanti di essi possono vivere una vita normale, cioè indipendente da tutto e tutti. Una piccola parte stando alle statistiche e ciò dovrebbe farci riflettere.
Non si tratta di anticonformismo, ma la domanda è spontanea: a che serve vivere così a lungo e così male? È giusto? In particolare: è giusto che siano gli altri a decidere per noi?
Beh! Decidere forse si, scegliere no di certo.
L’Australia ha deciso che il suicidio assistito non è possibile per chi non è malato terminale e David ha scelto di andare in Svizzera.
È così che David Goodall, che non soffriva di alcuna malattia in fase terminale ma era “solo” stanco di vivere e non voleva invecchiare in modo umiliante, si è defilato, non solo dalle decisioni della dello Stato in cui viveva, ma anche da quelle della medicina e, nonostante la condanna ad invecchiare, da uomo libero (di vivere), ha scelto di morire.
Con dignità! Ascoltando l’Inno alla Gioia di Beethoven. E nessuno lo giudichi, per favore.
Flavio Carlino