Il paradigma del viaggio è felicità, scrive Veneziani, e forse questa felicità è stata cercata e vissuta da Antonio Prete, che dopo aver passeggiato lungo le terre del Salento, ha scritto: “Torre saracena. Viaggio sentimentale nel Salento” (manni).
C’è sentimento in questo libro e come potrebbe non esserci, Prete con avveduta raffinatezza, sente, avverte, percepisce la bellezza e l’incanto di un luogo, non luogo; perché, appunto, è un percorso di sé per via di paesaggi e simboli unici e indimenticabili. È inoltre, una guida a vivere momenti, istanti a Gallipoli, Otranto, Acaya, ad esempio, all’interno del quale l’autore accompagna il lettore con la sua scrittura edificante. Si conoscono le tradizioni, la cultura, l’identità del salentino.
Ci si immagina in balìa di un ricordo vivido, emozionante e si legge: «Ci sono immagini di città che nella lontananza, talvolta per contrasto, talaltra per contiguità, oppure per inesplicabile irruzione immaginativa, ricorrono a sovrapporsi al visibile che ci è davanti in quel momento o si affacciano non chiamate sulla scena della mente» (p. 51).
Leggendo “Torre saracena. Viaggio sentimentale nel Salento”, tuttavia, balza alla memoria “Viaggio a Finibusterrae” di Antonio Errico, la meraviglia della narrazione è simile, così come lo stupore nel raccontare la bellezza dei luoghi, oltre alla passione di questo Sud, dove “il barocco è una condizione dell’anima”.
Rapiscono le descrizione del faro di “Punta Palascia”, l’eclisse a Porto Badisco, le magiche insenature rocciose, le quali evocano il dialogo, il ritmo, l’incontro: un gioco estatico di Prete nel ricordare l’infanzia vissuta in questi luoghi diversi da oggi; dal progresso, infatti, e dall’arrivo di milioni di turisti tutto sembra essersi modificato, forse ciò che resta integro è proprio il paesaggio, o meglio parte di esso. Gli stessi dovrebbero conoscere l’autenticità e carpire i profumi di luoghi appartenenti alla nostra storia, alla nostra cultura; alle volte, però, siamo noi stessi a non trasmettere tutto questo, a non tutelare una civiltà contadina e manifatturiera, oramai perduta.
È lodevole allora, quando si incontrano testimonianze come quelle di Antonio Prete con “Torre saracena. Viaggio sentimentale nel Salento”, abile a garantirci un sogno nostalgico. È altrettanto lusinghiero viaggiare accanto a personaggi illustri come Giuseppe Zimbalo, o Ambrogio Martinelli, abile col suo scalpellino a creare sculture d’angeli sulle colonne barocche della Chiesa di S. Giovanni. Si tratta senza dubbio di un viaggio affascinante, di incontri magnifici.
Ma, la bellezza consta anche nel fatto che si possa viaggiare gustando ogni luogo come se si fosse a piedi, e passo dopo passo, si andasse percorrendo una storia millenaria, quella del Salento. Il mistero, il fascino, gli aromi delle terre d’Arneo inebriano l’anima di ciascun lettore, il quale, se già non sia avvezzo, imparerà ad amare il territorio salentino descritto da Antonio Prete e a difenderlo proprio come la “torre saracena”.
Buon viaggio dunque, animati da cuore e passione, guidati dalla penna premurosa e amorevole di Antonio Prete.
Alessandra Peluso