“Non interpretare è impossibile, come è impossibile trattenersi dal pensare” (Italo Calvino); così leggendo il libro di Giuseppe Corianò, MOPLEN. Viaggio su un transatlantico di polipropilene isotattico, si attesta la facoltà del pensiero. Pensare, riflettere leggeri, lasciandosi trasportare su nuvole a volte bianche come la neve altre nere come l’ombra che appartiene a ciascuno, “un pozzo profondo, un abisso inesplorato”.
MOPLEN. Viaggio su un transatlantico di polipropilene isotattico edito da Musicaos stupisce. Si tratta di un percorso in prosa di emozioni, di stati d’animo, di sensazioni con le quali l’autore ha saputo destreggiarsi tra i paesaggi, la natura, i momenti famigliari. Si spalancano gli occhi, si fanno strada quegli interrogativi che talvolta si preferisce ignorare. Leggendo la narrazione di Corianò è come se si riannodasse alla memoria Palomar, di Italo Calvino. Stile e scrittura avvolgenti, si confanno alla malinconia mai struggente e a una nostalgia dolce, seppur dolorosa.
Non ci sono mediazioni, in una dimensione spazio-temporale senza limiti apparenti, affiora nitido il momento del bagno odiato dal protagonista, che la madre Emma in modi rapidi, incuranti di tenerezze e con mani sfuggenti si apprestava “insaponando fino alle orecchie, costringendolo nella vasca”, sino a che poi, lo sguardo dell’umano raggiunge la bellezza del paesaggio campestre di un paese del Salento. E così, “la vita è piena di colori e ci sorprende sempre con le sue improvvise evoluzioni. Delle volte prende delle traiettorie strane e imprevedibili, proprio come un pallone quando lo colpisci con un tiro violento e si carica di effetto e poi non sai mai dove può andare a finire” (p. 37). Con lo stesso piglio, si dovrebbe leggere MOPLEN. Viaggio su un transatlantico di polipropilene isotattico, non limitandosi a conoscere la fine, ma godere della bellezza dell’intermezzo.
D’altro canto, la vita può essere un veliero, un vascello, una barchetta oppure una semplice vasca di plastica, o del cosiddetto materiale “Moplen, polipropilene isotattico”, ciascuno la sceglie in relazione alla propria fantasia, o abilità nel destreggiarsi, imparando a vivere. Tuttavia, Giuseppe Corianò, non intende insegnare, ma come Socrate, con ironia, pone domande a se stesso, cerca di comprendersi, di interrogare il passato e soffermarsi su un presente incerto. Le uniche certezze: la vita e la morte, alla quale nessuno può sfuggire, come magistralmente insegnano i classici dell’antichità e della modernità, mentre, la contemporaneità vive l’eterno presente senza riconoscerne limiti, contraddizioni, miserie. Affronta anche l’amore Corianò, tra acute metafore e dialoghi interiori, tra poesia e filosofia, il senso della vita.
“L’amore è l’ultimo appiglio, l’ultima illusione a cui aggrapparci: un’acrobazia di emozioni, di aspettative, di delusioni. L’amore è un grande gioco di equilibri” (p. 43); mentre, “un angolo di strada, un lampione che si difende nella nebbia dalla sera che incombe” (p. 201). Moplen è proprio questo, ma è anche tutto ciò che vorresti tu sia. È evidente inoltre, come Giuseppe Corianò non faccia sconti a nessuno, nemmeno a se stesso; sa bene infatti, che la vita è una continua conquista, ogni momento regalato non è dovuto, “niente ci è dovuto, neanche la vergogna di chi è abituato a vincere facile su questa terra. Niente può riempire il vuoto che ha nel cuore”.
Alessandra Peluso