di F.Oli.
NARDO’ (Lecce) – Né schiavitù né caporalato. Colpo di scena nell’inchiesta sui lavoratori sfruttati nei campi per la raccolta di angurie e pomodori nelle campagne di Nardò fra il 2008 e il 2011. I giudici della Corte d’Assise d’Appello (Presidente Vincenzo Scardia) hanno assolto undici dei tredici imputati, fra imprenditori e presunti caporali, condannati in primo grado annullando di fatto la sentenza emessa nel luglio di due anni fa che aveva riconosciuto in Italia per la prima volta il reato di riduzione in schiavitù dei lavoratori. I giudici, in attesa delle motivazioni attese nei prossimi tre mesi, hanno accolto la tesi del collegio difensivo che aveva evidenziato come il reato di schiavitù non fosse ancora legge nel periodo in cui si sono verificati i fatti nonostante il sostituto procuratore generale Giovanni Gagliotta avesse chiesto la conferma in blocco della sentenza di primo grado.
Gli imputati sono stati assolti anche dall’accusa di associazione a delinquere finalizzata a reclutare cittadini extracomunitari clandestini perché il fatto non sussiste a fronte di un dispositivo di primo grado che sembrava tracciare un solco ben preciso sullo sfruttamento nei campi di braccianti sfuggiti da guerre e povertà: 11 anni a Pantaleo Latino, 65 anni, di Nardò, accusato di essere stato il promotore e l’organizzatore dell’associazione; Livio Mandolfo, 53 anni, di Nardò; Giovanni Petrelli, 56 anni, di Carmiano; Meki Adem, 58 anni, sudanese; Yazid Mohamed Ghachir, 50 anni, nato in Algeria, chiamato “Giuseppe l’algerino”; Saeed Abdellah, 32 anni, sudanese; Rouma Ben Tahar Mehdaoui, 44 anni, tunisino; Nizar Tanja, 41 anni, sudanese. Assolti anche Marcello Corvo, 57 anni, di Nardò, ed Abdelmalek Aibeche Ben Abderrahma Sanbi Jaquali, 48 anni, tunisino, per i quali in primo grado era stata esclusa l’accusa di riduzione in schiavitù ed erano stati condannati a tre anni di reclusione con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla permanenza irregolare di stranieri.
I giudici hanno rideterminato la pena da 11 anni a 6 anni e al pagamento di una multa di 2mila euro per Aiaya Ben Bilei Akremi, 33 anni, tunisino, condannato per due episodi estorsivi; e da 11 anni a 5 anni e 6 mesi e 1500 euro di multa è stata ridotta la condanna di primo grado per Ben Mahmoud Saber Jelassi, 46 anni, tunisino, assolto da un’ipotesi di falso relativa ad un permesso di soggiorno perché il fatto non sussiste e condannato per due soli estorsioni.
Gli accertamenti, condotti dai carabinieri del Ros di Lecce, culminarono con l’arresto di 22 persone nell’ambito nel maggio del 2011 con l’operazione Sabr (dall’appellativo con cui era conosciuto un imputato). Gli investigatori consentirono di smantellare una presunta organizzazione verticistica composta da caporali e imprenditori che avrebbero gestito lo sfruttamento nei campi, in particolare presso masseria “Boncuri”, vera e propria enclave per il lavoro nei campi per poche decine di euro al giorno.
I militari documentarono con filmati e intercettazioni le condizioni disumane di lavoro dei migranti nei campi in particolare nella raccolta delle angurie. Determinanti per svelare il malaffare si rivelarono le dichiarazioni di alcune vittime coraggiose nel denunciare le condizioni di vita disumane cui erano stati sottoposti nelle campagne di Nardò. I lavoratori stranieri erano impiegati nei campi di raccolta retribuiti con paghe tra i 22 e i 25 euro al giorno, con un orario di lavoro di 10-12 ore al giorno. L’istruttoria di primo grado, particolarmente lunga, si è fondata sulle deposizioni degli imputati e delle tante persone offese comparse in aula.
Il ribaltamento della sentenza di primo grado ha determinato l’annullamento della stragrande maggioranza dei risarcimenti disposti in primo grado. Per sei dei sette braccianti costituitisi (fra i quali Yvan Sagnet, a capo della rivolta a Boncuri), assistiti dagli avvocati Viola Messa, Maurizio Scardia. Solo per un bracciante, assistito dall’avvocato Francesco Polo, è stata confermata una provvisionale di 3mila euro. Parti civili anche la Regione (con l’avvocato Anna Grazia Maraschio), la Cgil, la Camera del lavoro (con l’avvocato Vittorio Angelini), la Flai-Cgil (con l’avvocato Viola Messa) e l’associazione Finis Terrae che gestiva la masseria Boncuri (con l’avvocato Maria Russo).
A difendere gli imputati gli avvocati Luigi Corvaglia, Fabio Corvino, Amilcare Tana, Vincenzo Perrone, Antonio Palumbo, Francesco Galluccio Mezio, Giuseppe Cozza, Valerio Spigarelli e Anna Sabato.