La vittoria di ieri contro la Salernitana ha portato in dote un insieme di cose che è giusto e doveroso elencare: la più immediata sono i 3 punti frutto di una vittoria mai in discussione, cosa non affatto scontata perché le partite di calcio, come è noto, iniziano tutte da 0-0 e l’esito dev’essere guadagnato sul campo (Juve – Benevento è l’ultimo esempio più lampante); il secondo dato è il valore di quei 3 punti che arrivano in uno scontro diretto contro la Salernitana che al fischio d’inizio si trovava a meno uno dai giallorossi: vien da sé che la vittoria di ieri vale doppio; a seguire ci sono le cinque vittorie consecutive che seguono altri 5 risultati utili la cui somma porta a 10 le partite senza sconfitte dei giallorossi; è obbligatorio dover sottolineare anche questa nuova e quasi sconosciuta solidità difensiva che ha permesso di terminare la seconda gara di seguito senza subire reti; infine, l’ultimo dato da evidenziare è il massimo rendimento della rosa che finalmente può contare su tutti i suoi elementi, anche quelli che vengono chiamati in causa per indisponibilità degli attuali “titolari” (vedasi Tachtsidis) o che subentrano dalla panchina come Rodriguez, Dermaku, Stepinski, Nikolov e tutti gli altri.
È indubbio che se tutto questo sta avvenendo è per merito di Eugenio Corini. Non c’è bisogno di giri di parole per indicare l’artefice di questa metamorfosi che ha portato il Lecce ad aver aperto le ali ed essersi trasformato da bruco a farfalla. Ovvio che la “prima pietra” è una società più unica che rara in questo panorama calcistico italiano. Dopo di essa, però, c’è il mister che in quanto tale è il leader tecnico di un progetto societario. L’allenatore è colui il quale sposta l’ago della bilancia sull’esito di una stagione caricando sulle proprie spalle onori e oneri.
L’arrivo di Eugenio Corini nel Salento è stato salutato con immenso entusiasmo da chi scrive per motivi detti e scritti pubblicamente: uomo per bene, educato, con uno stile molto più affine alla società di via Colonnello Costadura rispetto a chi l’ha preceduto e, soprattutto, aveva già vinto il campionato cadetto. La rosa che gli era stata affidata era, a mio parere, indiscutibilmente e di gran lunga la più preparata per vincere la Serie B. Unica concorrente che poteva competere con il Lecce era l’Empoli che, sebbene non potesse contare su un gruppo qualitativamente all’altezza di quello giallorosso, aveva dalla sua due anni di assestamento al campionato. Il Monza ho sempre pensato che fosse più di qualche gradino sotto di Mancosu e compagni per i motivi esposti in un precedente articolo (https://www.corrieresalentino.it/2021/01/lecce-monza-senza-storia-per-tradizione-e-territorio-e-giunto-il-momento-di-fare-la-voce-grossa/); sintetizzando: i campionati si vincono con i giocatori che hanno già vinto quel campionato! Il Lecce li aveva sin dall’inizio.
Corini e il Lecce, dopo un inizio non entusiasmante, sembravano aver trovato la strada giusta per correre verso la Serie A, per poi inciampare e cadere troppo spesso. Vero, si è perso poco, ma quattro pareggi valevano meno di un paio di vittorie e altrettante sconfitte. Il mister lombardo ha avuto tante attenuanti per inciampare e qualche volta cadere (Pisa, Ascoli, ecc) però, proprio per il valore della rosa e la solidità societaria, si son persi troppi punti per strada senza riuscire a trovare un’alternativa che potesse ugualmente portare alla vittoria in quel periodo. Senza parlare che giocatori determinanti, come si stanno dimostrando Pettinari e Majer, sono stati messi ai margini per troppo tempo. La critica fa parte di qualsiasi lavoro e quando non è “a priori” ma argomentata con fatti poi rilevatisi determinanti, può portare solo alla crescita.
Il calcio, poi, è bello proprio per questo: ogni partita azzera ogni cosa e ti costringe a ricominciare tutto da capo. Una partita sei un eroe, la seguente rischi di passare per il brocco di turno e viceversa. Guai se non fosse così, nei limiti dell’onestà intellettuale ovviamente. Quel campo verde è una delle cose più meritocratiche che siano rimaste in questa vita, offre sempre (o quasi sempre) l’opportunità di confermare o smentire quello che è successo la volta precedente. Per questo è giusto che dopo gli oneri delle critiche, per il buon mister Eugenio arrivino gli onori degli elogi. Se poi raggiungerà quello che tutti gli addetti ai lavori italiani si aspettavano dal Lecce sin dall’inizio del campionato allora sarà giusto rendergli merito in un tripudio di gloria che avrà cancellato quei “Corini abbande” in “Corini a Lecce tutta la vita”. È il calcio…