La sua storia merita di essere raccontata perché ha illuminato il Risorgimento salentino.
Michelangelo Verri (1817 – 1886) fu uno dei protagonisti delle sommosse che animarono nel 1848 il moto liberale in Terra d’Otranto.
Armaiolo di mestiere, aprì bottega a pianterreno di palazzo Guarini. Apprezzato come artigiano, possedeva un carattere generoso, confortato dalla nascita di tre figli, il primo dei quali combatterà al comando di Garibaldi, meritando la menzione al valore militare dal Re d’Italia. Michelangelo partecipò nel 1848 al plauso generale che accolse la Costituzione concessa da Ferdinando II, ma allorquando quel sovrano, poco regalmente, ritirò la promessa fatta, il Verri, con altri patrioti, apertamente, senza infingimenti, manifestò il proprio disprezzo contro il re. L’artigiano sereno si trasformò in un acceso tribuno le cui invettive in dialetto tuonavano, con dileggio, contro la regia autorità. Era solito arringare la folla ai piedi della colonna di S. Oronzo, con grande impeto e coraggio. Il “Masaniello leccese” alla parola faceva seguire l’azione ed il 5 luglio del ’48 si recò a Castro per prelevare due cannoni che dovevano servire a difendere le mura della città di Lecce dalla sopravveniente truppa regia. Fu arrestato nel novembre del 1848, tradotto nel carcere di San Francesco, fu imputato nel medesimo processo che vedeva alla sbarra anche Sigismondo Castromediano. Quel processo, celebrato in Lecce di fronte alla Gran Corte criminale nel palazzo di giustizia sito nell’attuale via Rubichi, ebbe inizio il 28 agosto dello stesso anno. Seguì la condanna di Michelangelo a venti anni di ferri ed il calvario nel Bagno di Procida ove, ancora una volta, ebbe modo di manifestare la propria generosità. Vincolato, con la catena ai piedi, a Nicola Schiavoni, altro illustre patriota destinato con l’Unità d’Italia a essere eletto senatore, assunse su di sé il peso del pesante ceppo per alleviare la pena del compagno. Dopo aver consumato dodici anni nelle terribili galere borboniche, riacquistata la libertà, tornò a Lecce. Ma lo accolse la più ingrata indifferenza e la miseria. Il 1 giugno 1886, negletto dai più, il patriota Michelangelo Verri si spense. Sulle colonne della Gazzetta delle Puglie, Donato Stefanelli, il 12 giugno 1886, ne diede commossa notizia, stigmatizzando il silenzio che aveva accompagnato la scomparsa dell’indomito patriota.
Anche Sigismondo Castromediano, con una toccante missiva indirizzata allo Stefanelli, rese omaggio alla memoria del compagno di lotte e di pena.
Il Duca condannò duramente “questa Lecce spensieratamente obliante”.
Le sue parole meritano, di questi tempi, di essere ricordate : ” Se il Verri fosse stato un vantatore sfrontato, un promettitore d’impossibilia, allora sì le feste, i deliri avrebbero urtato il cielo; ma egli era un modesto popolano, un verace e disinteressato amatore della patria, un figlio della mala sorte, appena confortato da un tozzo, e che tozzo!… doveva chiudersi quindi inosservato sotto terra! Io so quanto valeva la sua anima calda, ingenua, sincera ; io so quel che sofferse per dar vita a una libertà oggi mai cotanto abusata! (…) “.
Parole toccanti in memoria di un Eroe.