Si torna a parlare di Mediterraneo, di vite naufragate nel mare, di migrazione, di razzismo, di sicurezza. Vorrei abbandonare, per un momento, il terreno dell’analisi politica, sociale, economica, e provare a raccontare quel che sta accadendo nel Mediterraneo utilizzando un’immagine e tanta fervida immaginazione, per questo motivo è necessario sottolineare che per la scrittura di queste righe è stata usata un’ingente quantità di sostanze psicotrope. Mi sono imbattuto questa mattina in una foto, pubblicata su Facebook, che ritrae la cartina geografica del Mediterraneo ruotata in verticale. L’immagine è opera dell’artista francese Sabine Réthoré che con un semplice gesto propone prospettive e punti di vista talmente forti da poter rivoluzionare il modo di pensare il mondo, i rapporti politici ed economici attraverso l’immaginario. L’elemento che ha acceso una serie infinita di immagini e suggestioni è stato il commento di un utente che scrive:
“Ero studente di scuola media quando il professore ci mostrò la cartina del Mar Mediterraneo, tra l’Africa del Nord e l’Europa, in questo modo, richiamando la nostra attenzione sull’Europa. Si evidenziavano le sembianze di una vecchia signora (la testa era la penisola iberica) che allungava il braccio (la penisola italiana) per prendere una tazzina di caffè (la Sicilia).”
L’immagine dell’Europa associata a quella di una vecchia signora (mi perdonino tutte le nonnine antieuropeiste) è allo stesso tempo meravigliosa ed inquietante. Meravigliosa perché si adatta perfettamente alla condizione attuale dell’Europa, inquietante perché si adatta perfettamente alla condizione attuale dell’Europa. Mi sono soffermato qualche secondo ancora su quell’immagine fino a quando non ho capito cosa avevo davanti.
Il profilo del continente africano, sulla sinistra, mi appare davanti nella forma di un leone che fissa il volto dell’Europa. Il leone e la vecchia signora, da un lato la forza e il coraggio, dall’altro l’aristocrazia, il bigottismo (richiedo scusa a tutte le simpatiche nonnine del mondo), la paura. Ho immaginato quel leone chiuso in una gabbia, come in un circo, sfruttato ed ammaestrato dalle vecchie famiglie aristocratiche che godono dell’immagine circense davanti ad un caffè o ad un tè. Ruggisce il leone, ha coraggio e forza d’animo. Disposto a morire, ad affrontare il cinismo e la cattiveria dei suoi dominatori, pur di uscire da quella gabbia secolare. E quindi ogni zattera, ogni mezzo, ogni barcone va bene pur di provare a liberarsi.
Ogni migrazione, ogni viaggio della speranza, ogni barcone capovolto è un ruggito. Il ruggito di un continente sofferente, conquistato, colonizzato, incatenato, ridotto alla fame. Un continente che non ci sta a fare la fine del leone africano, in via di estinzione.
Capovolgendo semplicemente una cartina geografica è possibile ricavare un senso nuovo, nuove suggestioni. Non un rapporto tra il Nord e il Sud del Mediterraneo, tra chi sta in alto e chi sta in basso nella catena sociale, ma un confronto a viso aperto.
Non di solo incontro e integrazione è fatto il Mediterraneo. È in atto un conflitto che dura da secoli e che arriva alla nostra storia recente.
La storia delle migliaia di migranti che ogni anno perdono la vita nelle acque del Mediterraneo è la storia di un leone che prova a fuggire dalla gabbia che l’Europa ha contribuito a creare. Basterebbe solo aprirla quella gabbia, e lasciare che il leone ritrovi la sua dimensione, la sua libertà.
Guardo quella foto e immagino una vecchia signora ferma davanti ad un leone che terrorizzata chiede di incatenarlo (tenendoci particolarmente alla mia pelle ed alla cucina della nonna, vorrei precisare che l’immagine della vecchia signora è solo una licenza autoriale, non c’è alcuna volontà di offendere le donne anziane né si vuol fare distinzione tra uomo e donna in questo racconto, o tra giovani e meno giovani, tantomeno tra umani e Daniela Santanchè). Non ha colpe quel leone come non ha colpe il continente africano, ma da queste parti la paura è tanta. La situazione economica e demografica europea è allo sfacelo, il continente invecchia irrimediabilmente e quel leone lì fa troppa paura per poterlo affrontare alla pari, perché l’Africa è viva, è giovane ed è forte. Ma è povera e sottomessa, in pratica in gabbia. Appunto.
Gigi Apollonio