LECCE – Oggi proponiamo la recensione della dottoressa Annalisa Bello, psicologa e psicoterapeuta, a un lavoro che ha dato nuovi spunti nel campo disturbi ossessivo compulsivi.
La sintomatologia ossessiva osservata dall’alto delle evidenze scientifiche e dell’esperienza pluridecennale di esperti del settore.
“Ad Impossibilia nemo tenetur”! Suona così la massima latina che abitava la civiltà giuridica dell’antica Roma, continuando a ispirare gli ordinamenti giuridici di molti Paesi e ponendosi, invece, come un imputato da condannare con aspra pena, nel campo della psicopatologia, dinanzi a Vossignoria “la mente ossessiva”. Ebbene si, per quanto possa risultare fatto strano e insolito, l’ovvietà secondo cui “Nessuno è tenuto a fare cose impossibili” diventa un oltraggio alla “dignità” e alla “moralità” dell’uomo secondo il funzionamento di una mente ossessionata dal monito di dover fare di tutto e di più per evitare di “contaminarsi di germi”, di “non aver chiuso la porta di casa” o allertata dall’angosciante coercizione a dover ripetere mentalmente fino allo stremo alcune parole per cercare di esorcizzare il timore di “essere un omosessuale” piuttosto che “un pedofilo” e per doversi sincerare appieno, senza correre rischio alcuno, di essere moralmente e deontologicamente integro.
A chi non è capitato di interrogarsi, con aria incuriosita, sull’ossessione per la pulizia che irrompe nelle nostre case attraverso gli schermi a LED che passano le bizzarre storie dei, mediaticamente noti, “malati di pulito”? E, che dire del signor Melvin, protagonista di “Qualcosa è cambiato”, (interpretato da Jack Nicolson), quando in una scena del film passeggia in maniera strana e bizzarra, non potendo fare a meno di calpestare le linee orizzontali del pavimento o quando, spaventato dal timore di contaminarsi di germi, si porta reca al ristorante portandosi le posate da casa?
Cosa può rendere ragione di questi comportamenti cosi tanto “strani” e che appaiono incomprensibili e bizzarri agli occhi del senso comune? Eppure, un senso ce l’hanno e a spiegarlo, attraverso un interessante viaggio all’interno della mente ossessiva, è stato il Professor Francesco Mancini, Neuropsichiatra Infantile, direttore delle Scuole di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva nonché docente all’Università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma nel suo interessante libro ,“La mente ossessiva. Come curare il disturbo ossessivo compulsivo”, edito da Raffaello Cortina. Con magistrale competenza, il Prof.re Francesco Mancini, massimo esperto a livello nazionale nel trattamento dei Disturbo Ossessivo Compulsivo, arricchisce la letteratura scientifica di un imperdibile contributo, frutto di pluridecennale esperienza nel campo della psicopatologia del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), che ha segnato, continuando a farlo, l’interesse clinico e sperimentale dell’autore, le cui risultanza sono evidenti nell’ambito della letteratura internazionale. In un avvincente “tu per tu” con la mente ossessiva, tra le pagine del libro si trova traccia e significanza diquei ripetuti e stremanti controlli che chi soffre di DOC si sente costretto a fare per riuscire a destreggiarsi faticosamente tra i moniti propinati da un esagerato senso di responsabilità, tra iltimore di colpa e l’attività ossessiva che tedia, consumandone, la qualità di vita dei pazienti.
Il tutto riceve conferma sperimentale in studi che osservano come sia pazienti ossessivi che pazienti con sintomi simil-ossessivi riportano punteggi più alti alle misure di responsabilità e di colpa. Evidenza che trova conferma indiretta nel dato riportato da Lopatcka e Rackman (1995) che osservarono come, nei pazienti ossessivi, la diminuzione della responsabilità si rifletteva in una diminuzione dell’urgenza di mettere in atto i rituali di controllo ossessivi. Ma tutto ciò non succede solo nei pazienti ossessivi ma lo si può riscontrare anche nella popolazione non clinica dove la manipolazione del senso di responsabilità e del timore di colpa, in soggetti normali, ha esitato in controlli ripetuti e reazioni emotive simili a quelle riferite dai pazienti ossessivi come incertezza e forte dubbiosità. Dato documentato anche da studi di risonanza magnetica funzionale che hanno riportato, in soggetti normali, il riflesso sperimentale di uno stato di colpa in aree cerebrali simili a quelle implicate nel DOC. A quanto apre, la colpa sembra assumere un ruolo preminente nel funzionamento di una mente ossessiva. Ma si tratta di una colpa particolare che per esperirla non è necessaria la presenza di una vittima (senso di colpa altruistico) ma potrebbe “bastare” la trasgressione di una norma morale, senza che vi sia vittima alcuna e la mente ossessiva è sotto scacco. E’ questo tipo di colpa, nota come colpa deontologica, a porsi come scenario apocalittico per la mente di un ossessivo. Scenario così tanto catastrofico da dover essere prevenuto, a tutti i costi, e riuscire a evitare cosi l’umiliante sensazione di essere indegni e tediarsi con quel disprezzo martellante che recita “come ho potuto fare ciò!”Qualcosa di insopportabile, al sol pensiero, e che mobilità la mente e il corpo in un dispendio di risorse cognitive e fisiche finalizzate a mettere in atto di tutto e di più evitare di “macchiarsi” di colpa a tutti i costi. Nulla deve essere impossibile alla mente ossessiva se in ballo c’è la colpa deontologica.
La possibilità di “sporcarsi” moralmente è la strada maestra che conduce al disprezzo e alle critiche, meritatamente. La colpa deontologica richiamerebbe, infatti, il “meritato”disprezzo e disgusto, le meritate accuse e critiche a cui il paziente ossessivo risulta essere particolarmente sensibile tanto da vivere in maniera particolarmente intensa espressioni facciali particolarmente sprezzanti e aggressive. A fare compagnia alla colpa morale, vi è il disgusto, emozione di base di cui è corredato lì’essere umano e che si pone come guardiano del corpo e dell’anima e che assume particolare rilevanza nel definire ulteriormente l’identikit della mente ossessiva ossessionata daltimore di contaminazione. E che dire di quella strana sensazione che qualcosa non va come dovrebbe andare nota nella letteratura scientifica come Not Just Right Experience? Sarà capitato a tutti di provarla ma per i pazienti ossessivi rischia di essere un’intima convivente.
Questo, un breve assaggio di ciò che offre il libro “La mente ossessiva” che gli autori hanno meticolosamente sezionato negli scopi e nelle credenze che si pongono come determinanti prossimi di una sintomatologia apparentemente bizzarra, che intrappola in una quotidianità compromessa e invalidata da rigidi standard performanti la vita di pazienti tenuti in ostaggio da un monito che, con aria da bullo, il DOC impone ad una mente intimorita dalla catastrofica sensazione di essere moralmente riprovevoli e meritare pertanto il disprezzo del mondo, pronto a puntare il dito contro.
Dottoressa Annalisa Bello
Psicologa-Dottore di ricerca in Neuroscienze Cognitive
Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale presso Centro Clinico di Lecce
Cultore della Materia in Neuropsicologia presso Università degli Studi “Guglielmo Marconi” di Roma
Consulente Tecnico della Procura della Repubblica presso il Tribunale Penale di Lecce
Consigliere Regionale Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) Puglia
Cotrainer alla didattica presso l’Associazione di Psicologia Cognitiva di Lecce