La storia di una donna del Salento, una storia sicuramente densa, ma fatta anche di dolore, sofferenza e rinunce, sempre e comunque esemplare per il forte senso di maternità e per i saldi principi cristiani.
Non solo moglie e madre però, ma donna colta, molto apprezzata nell’ambiente cattolico locale: difatti partecipa a conferenze morali presso i circoli giovanili di Azione Cattolica e pubblica numerosi articoli su «L’Ordine», organo della curia.
È la breve bozza del ritratto di Clementina Martello nata a Lecce il 17 ottobre 1882, figlia di Francesco, avvocato di origini calabresi, capo-divisione della divisione carceraria del Ministero dell’Interno e di Emira Brunetti, leccese. Primogenita di quattro sorelle.
La sua famiglia tra il 1885-1887 si trasferisca a Roma. Qui Clementina frequenta l’Istituto delle Suore Dorotee, dimostrando notevoli doti intellettuali. Concluso il corso complementare interrompe la sua carriera scolastica per volere del padre che si occuperà personalmente della sua formazione.
Giovanissima, all’età di quindici anni, pubblica le sue prime bozze narrative sul “Corriere Meridionale”, sulla “Rivista di discipline carcerarie” e sulla “Rinascenza” rivista bimestrale leccese, firmando i suoi articoli con il diminutivo Tina.
Il 2 marzo 1907 a Caserta sposa Cesare Salvi, giovane e brillante ingegnere, impiegato presso le Ferrovie dello Stato, di origini fiorentine, ma residente a Lecce.
Fu sicuramente un matrimonio voluto dalle famiglie, come la consuetudine del tempo, ma fu anche un matrimonio d’amore, coronato dalla nascita di Chiara, morta a cinque anni di meningite, di Filippo, di Emira e di Francesco. Purtroppo a solo due settimane dalla nascita dell’ultimo figlio il marito morì a soli 39 anni, colpito da una gravissima malattia.
Sorretta da una salda fede, Clementina si trasferisce con i bambini dalla suocera a Lecce, dedicandosi completamente alla loro educazione aiutata da Anna Giulia e Maria, le “due amatissime sorelle” così come le definiva.
Clementina Salvi Martello si occupa personalmente della formazione elementare di Filippo e Francesco, finché non iniziano a frequentare il famoso collegio “Argento”, gestito dai Gesuiti. Emira, invece, completa il percorso scolastico sotto la guida della madre senza mai frequentare un’aula scolastica, conseguendo a Roma la laurea in Lettere e divenendo un’insegnante.
Durante gli anni impegnati alla formazione ed educazione dei figli, nasce in Clementina l’esigenza di fissare alcuni suoi pensieri, che furono raccolti e pubblicati in un manuale dal titolo “La pedagogia della mamma”, edito nel 1935 dalla Società Editrice Internazionale, “apprezzato dagli ambienti cattolici più integralisti”.
Propone nelle sue riflessioni un “modello cristiano militante” illuminato “dall’amore intelligente” come lei stessa scrive: «Perciò l’amore di madre dovrebbe essere sempre amore intelligente, e credo che senza ch’esso abbia un simile attributo, l’opera dell’educazione non è possibile».
Le madri hanno per Clementina Salvi Martello la funzione di infondere nei giovani certezze morali esortandole a testimoniarle con coerenza: «Un talismano, ho detto, voi dovete dare al vostro figliolo, e sia il senso del dovere e della giustizia, l’idea che l’anima nostra percorre anche nel dolore, specialmente nel dolore».
Con le sue indicazioni si delinea un ritratto esemplare di donna e di madre: istruita, competente, consapevole delle proprie potenzialità, autonoma e soprattutto libera dai tanti pregiudizio che la limitavano al ruolo di moglie: «Ma non vi preoccupate solo di fare della ragazza la buona moglie, l’edera che non può vivere senza appoggiarsi; ma una pianta vigorosa che voglia e sappia anche vivere da sé dove Dio la vuole».
Così diventa insegnante privata: la sua casa è frequentata da studenti e studentesse dai 12 ai 18 anni, divisi in gruppi di studio, ai quali impartisce lezioni di letteratura, lingue moderne e classiche, matematica, fisica, chimica, biologia e tutte le altre discipline necessarie per una buona formazione. Negli stessi anni partecipa attivamente agli eventi promossi dall’area cattolica leccese.
Con i guadagni dell’attività didattica assicura a tutti e tre i figli gli studi universitari.
Trascorre gli ultimi suoi anni accanto ai figli Emira e Francesco, affermato penalista, dedicandosi alla formazione dei suoi nipoti Cesare, Anna e Giovanni (il figlio Filippo, noto docente di Metrologia applicata a Roma, muore giovanissimo colpito dalla “spagnola).
Clementina Salvi Martello si spegne a Lecce il 31 gennaio 1964.
Un breve ritratto di Clementina Salvi Martello, una donna che ha saputo sintetizzare nella figura femminile, la “pedagogia” della maternità, senza però rinunciare all’affermazione della propria identità di donna «capace a dar frutti di bene su qualsiasi terreno germogli».
E nel dolore e nella sofferenza ha trovato il coraggio di rialzarsi, sorretta dalla forza della fede. Una donna di ieri, una testimonianza che ha da ‘raccontare’ ancora oggi.
di Manuela Marzo
Per approfondimenti: Oltre il segno. Donne e scritture nel Salento, a cura di Rosanna Basso, Lupo Editore, 2011, pp. 222-229.