La storia sembra aver dimenticato un evento di notevole importanza politica e militare, avvenuto nel XVIII secolo e che sancì la ritrovata indipendenza dei Regni di Napoli e Sicilia sotto un unico scettro, quello di Carlo III di Borbone. Ancora più ingiustificata, non solo per tutto il popolo meridionale ma principalmente per i pugliesi, tale “Damnatio Memoriae” ci priva della conoscenza e dell’orgoglio di aver avuto sulla nostra terra la consacrazione politica e militare di tale indipendenza, dopo circa quattro secoli di giogo straniero, dapprima aragonese, successivamente spagnolo ed infine austriaco, che nel 1707 aveva soppiantato quello iberico al termine della “Guerra di Successione Spagnola”. Ma veniamo alla cronaca dei fatti.
La Battaglia di Bitonto si inserisce nel contesto della “Guerra di Successione Polacca,” scoppiata in seguito al decesso del sovrano Federico Augusto II. La Polonia era una monarchia elettiva, pertanto i signori del regno si riunirono per l’elezione del nuovo sovrano ma, non riuscendo a trovare un’intesa, scatenarono una guerra civile che ben presto suscitò gli interessi delle potenze europee. Da un lato la Russia e l’Austria propendevano per il figlio del sovrano defunto: Federico III, dall’altro Francia e Spagna appoggiavano l’ascesa al trono polacco del Principe Stanislao Leszitzynski, imparentato col Re di Francia Luigi XV. I teatri bellici principali del conflitto furono la Polonia e l’Italia. Il trattato di alleanza franco-iberico, al quale in seguito aderì anche il Piemonte, prevedeva il disegno di ricostituire i Regni di Napoli e Sicilia, cacciando via gli austriaci, affidandoli all’Infante di Spagna Principe Carlo, Duca di Parma, Piacenza e Guastalla, figlio del sovrano iberico Filippo V di Borbone e di Elisabetta Farnese. In questa sede ci concentreremo sul teatro bellico costituito dal Regno di Napoli.
In accordo con quanto stabilito nel trattato, le forze militari spagnole sbarcarono a Genova al comando del generale Josè Carrillo de Albornoz, Duca di Montemar, da dove proseguirono in direzione della Toscana. Giunte in loco furono rinforzate dalle armate provenienti dal Ducato di Parma e Piacenza, e da quelle francesi, raggiungendo un totale di 40 mila unità. Tale massa si diresse verso sud occupando prima lo Stato della Chiesa, quindi penetrò nel Viceregno di Napoli senza incontrare alcuna resistenza, anzi, alle soglie della capitale ricevettero un ulteriore rinforzo da parte di alcune truppe napoletane stanche del dominio austriaco. Il 7 maggio del 1734 Carlo di Borbone faceva il suo ingresso a Napoli, ed assumeva il titolo di Re di Napoli e Sicilia, mentre il Viceré austriaco Guido Visconti fuggiva a Bari, dove, una volta arrivato, riunì le forze fedeli agli Asburgo di cui disponeva, con quelle provenienti dalla Sicilia, precedentemente sbarcate a Taranto al comando del Conte Taun. Intanto il Governo di Vienna ricorreva al reclutamento di cittadini nelle proprie forze e disponeva l’invio di 6 mila croati attraverso l’Adriatico. Ciò accelererò l’offensiva dei franco-iberici. Nel frattempo, consapevole della propria inferiorità numerica, il consiglio di guerra austriaco, riunito a Bari, optò per la difesa ad oltranza nell’area compresa fra le città di Terlizzi e Bitonto, che per le sue caratteristiche geografiche era munita di diverse difese naturali. Le forze di Carlo intanto muovevano verso oriente per affrontare il nemico, riuscendo ad agganciarlo la mattina del 23 maggio. Le forze schierate da Carlo ammontavano a circa 14 mila unità, comandate dal generale Josè Carrillo de Albornoz, cui si opponevano 10 mila austriaci agli ordini del Viceré stesso e del Principe di Belmonte. Le armate del Borbone erano composte da 12 battaglioni di fanteria ed artiglieria leggera, 22 compagnie di granatieri, 24 squadroni di cavalleria, cui si aggiungevano diverse brigate di fucilieri e granatieri della Guardia Reale e gli squadroni di granatieri a cavallo. Le forze austriache si articolavano su 6500 unità in fanteria, 1500 in cavalleria, 400 ussari, mentre il resto era costituito da squadroni di corazzieri di 24 unità ciascuno. Il comandante spagnolo aveva avuto l’accortezza di disporre la fanteria e l’artiglieria a fronteggiare il nemico, dislocando, invece, la cavalleria più a nord, precisamente ad Andria come riserva. Tale scelta strategica si sarebbe rivelata vincente. Nella tarda serata del 24, cosa inusuale in un’epoca in cui gli scontri venivano ingaggiati sotto la luce del sole, le armate ispano-francesi sferrarono una violenta offensiva, interrotta da un inaspettato temporale che costrinse i contendenti a sospendere lo scontro. All’alba del giorno successivo, però, il generale spagnolo rinnovò l’offensiva, incontrando una fiera ed accanita resistenza degli austriaci, che contrattaccarono, inducendolo ad indietreggiare. A questo punto il Duca di Montemar dispose l’intervento della cavalleria che, sopraggiungendo velocemente da Andria, minacciò il tergo dello schieramento avversario. Per evitare l’accerchiamento il Principe di Belmonte ordinò alle proprie linee di ripiegare verso il litorale ma la manovra si svolse sotto una micidiale offensiva delle forze franco-ispaniche, lanciate all’inseguimento. Al tramonto alcuni reparti dell’esercito austriaco si rifugiarono nella cittadina di Bitonto mentre altri, al seguito del Principe di Belmonte, ripiegavano verso Bari, tuttavia il grosso delle armate asburgiche, comprese bandiere, pezzi di artiglieria, munizioni, erano in mano alle forze di Carlo. Il giorno dopo gli assediati di Bitonto si arrendevano di fronte alla minaccia nemica di buttare giù le mura della città a colpi di artiglieria. Nella stessa giornata il Principe di Belmonte si consegnava a Josè Carrillo de Albornoz poiché la città di Bari aveva optato per la causa borbonica.
Nella città di Bitonto un obelisco ricorda ancora oggi la riconquistata indipendenza dei Regni di Napoli e Sicilia.
Cosimo Enrico Marseglia
Nato a Lecce, città in cui vive. Ha frequentato i corsi regolari dell’Accademia Militare dell’Esercito Italiano in Modena e della Scuola di Applicazione dell’Arma TRAMAT presso la cittadella militare Cecchignola in Roma, ed ha prestato servizio come ufficiale dell’Esercito presso il 3° Battaglione Logistico di Manovra in Milano, il Distretto Militare di Lecce ed il Battaglione Logistico della Brigata Pinerolo in Bari. Dopo otto anni in servizio permanente effettivo, ha lasciato la carriera militare, dedicandosi alla musica jazz ed al teatro. Attualmente collabora con il Dipartimento di Studi Storici dell’Università del Salento, come esperto di Storia Militare, e dal 2009 è ufficiale commissario del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana. Scrive per L’Autiere, organo ufficiale dell’ANAI (Associazione Nazionale Autieri d’Italia), Sallentina Tellus (Rivista dell’Ordine del Santo Sepolcro), per L’Idomeneo (Rivista dell’Associazione di Storia Patria) e per altre testate. Ha già pubblicato Les Enfants de la Patrie. La Rivoluzione Francese ed il Primo Impero vissuti sui campi di battaglia (2007), Il Flagello Militare. L’Arte della Guerra in Giovan Battista Martena, artigliere del XVII secolo (2009), Battaglie e fatti d’arme in Puglia. La regione come teatro di scontro dall’antichità all’età contemporanea (2011), Devoto ad Ippocrate. Rodolfo Foscarini ufficiale medico C.R.I. fra ricerca e grande guerra (2015), Marseglia. Storia di una famiglia attraverso i secoli (2016) per la Edit Santoro, e Attacco a Maruggio. 13 giugno 1637. Cronaca di una giornata di pirateria turca nel contesto politico-sociale europeo (2010) per la Apulus, quest’ultimo insieme al Dott. Tonino Filomena. Ha conseguito il Diploma Universitario in Scienze Strategiche presso l’Università di Modena e Reggio.