A margine di un’estate ormai alle spalle, non sul piano climatico, mi piace valutare un clima generale sulla musica e sulle produzioni più in voga. Si esprime un grande della musica italiana, Amedeo Minghi, sul buio medioevo che sta conoscendo la musica contemporanea delle giovani leve. Evidenzia, il noto cantautore, quanto la qualità sia colata a picco e quanto l’espressività ne stia pagando le spese.
Credo sia condivisibile la posizione di Amedeo Minghi: “ogni generazione ha il dovere di cambiare tutto, è sempre successo così Adesso i giovani propongono canzoni con testi incomprensibili, parole che non so cosa significano. Perché sono troppe. Noi venivamo dalla poesia vera, dove le parole contavano. Ma più aggiungi parole, meno dici. Con rime forzate riesci a sfornare stupidaggini incredibili. Il livello oggi è basso basso. Preoccupante.” Queste le sue dichiarazioni rilasciate nel corso di una recente intervista.
Quell’aura poetica che portava l’ascoltatore a sognare, ad immaginare, a porsi delle domande e scavare nel suo inconscio, a fare spazio all’aspetto introspettivo pian piano si sta perdendo. O forse si è persa ormai del tutto. Ora è tutto così esplicito, troppo esplicito. Non so se sia un bene parlare ad esempio dell’amore in tutte le due declinazioni senza filtro alcuno, senza quell’ombra suadente di mistero e delicatezza che richiederebbe il tema. Non è un bene certamente che si inneggi alla violenza, che si parli del consumo di droga, di spaccio, (e non certamente in modo costruttivo), di fumo, di psicofarmaci e di atti sessuali consumati animalescamente, di sessismo, di emozioni istintuali e di depressioni metropolitane. Temi tra l’altro visti e rivisti nella trap di derivazione statunitense. Serpeggia un edonismo materialistico sfrenato all’insegna della trasgressione. Ci sono sensazioni che non possono essere spiegate con un fiume in piena di versi rappati in rima, spesso molto risicata (o meglio trappati. L’origine del rap se non altro prende le mosse da un tentativo di riscatto sociale, seppur spesso facendo ricorso alla violenza) cantati con la voce, aggressiva , fuori controllo, modificata dall’autotune, in studio come nei live, che corregge le stonature. Un artifizio che non ha niente di sincero e che supplisceala mancanza o carenza di dote canora. È su questo stile che si è sviluppato il nuovo mercato discografico dei grandi marchi che coinvolge sempre più giovanissimi trapper, spesso pescati dalla microcriminalità, capricciosi, viziati, schizofrenici, violenti, disagiati risucchiati da questo mood che niente ha a che fare con un mondo vibrazionale positivo e soprattutto delicato. Se al livello contenutistico e dei valori siamo messi davvero male, ancora peggio va dal punto di vista della psicoacustica. Anche nei live, non si sa calibrare l’impatto acustico sulle persone, non si fa una tara sull’ambiente e sulla sonorizzazione ad hoc per i locali, le piazze e le vie dove si diffonde la musica. Non fa eccezione l’estate salentina con la sua portata eccezionale di musica e di eventi, così ricca di appuntamenti e così impreparata sotto alcuni profili artistici e tecnici spesso sottovalutati. Anche in questo settore la qualità non può essere un optional.
Serena Damiana Patrimia