“allo specchio”: guardarsi allo specchio non per compiacerci come Narciso, ma per conoscerci osservandoci; per ipotizzare motivi alla base dei comportamenti e delle modalità con cui ci poniamo in relazione con gli altri, con noi stessi, con gli oggetti; per comprendere il senso di alcuni modi di dire, di gesti e mimiche che esprimiamo, di posture che assumiamo.
L’ aspettativa che si autorealizza
Pigmalione, nel mito narrato da Ovidio, era uno scultore, solo, senza compagna, con tanta voglia di amare. Il suo desiderio esplose un giorno quando terminò una statua di donna per la quale aveva lavorato a lungo, al punto che pregò intensamente Venere di fargli incontrare una ragazza bella come la sua statua. E Venere, mossa a compassione, attuò il miracolo, in un modo assai originale. Pigmalione la sera, tornato a casa, vide la statua animarsi. Venere è straordinaria e potete immaginare quello cha accadde nella bottega di Pigmalione.
Lasciamo Pigmalione e la sua bella e veniamo alla realtà dell’effetto Pigmalione, o effetto da aspettativa, molto indagato dagli studiosi. E’ stato studiato a scuola, in azienda, negli ospedali. Con le persone e con gli animali. Perché veramente affascinante. La stessa letteratura se n’è impadronita, se Pensiamo al “Pigmalione” di George Bernard Shaw e al cinema che lo ha portato sullo schermo ( “My fair lady”).
Di che si tratta? Consideriamo il rapporto genitore-figlio o insegnante-alunno. L’adulto esprime, convinto e convincente, una tale fiducia nel giovane e nelle sue capacità di raggiungere ( o non raggiungere ) una determinata meta che accade il miracolo: il giovane raggiunge effettivamente quella meta.
Cosa c’è dietro l’effetto dell’aspettativa? Sono necessari in partenza due fattori che muovono la persona che innesca, consapevole o non, questo processo: un atteggiamento generale di fiducia ( o sfiducia) nel prossimo; un coraggio (oppure una rinuncia, quando è al negativo) nell’esporsi, nel “predire”. Si comprende come l’effetto Pigmalione ( che al negativo procura gravi danni ) al positivo sia la realizzazione del più grande sogno dell’uomo: trasformare dal profondo, “creare” le capacità, “svegliare” l’intelletto!
Atteggiamento favorevole diffuso verso l’altro: non c’è ancora niente, non è successo nulla, ma ci si pone nella condizione psicologica di chi si aspetta che accadrà qualcosa di grandioso. Come se all’altro ( al proprio figlio, all’adulto, al collaboratore ) si dicesse, mostrando appunto coraggio in quanto “si predice”: “ Tu non hai fatto ancora nulla, eppure io sono convinto che farai qualcosa di bello, perché tu sei eccezionale e io sono così sicuro che mi gioco la reputazione”.
Ma questa aspettativa che si autorealizza è forza cieca della fede, voglia di credere e sperare, potenza generatrice del desiderio o qualcosa di molto più semplice pure se autentico, di concreto pure se delicato, di osservabile pure appena percettibile?
Gli studi hanno dimostrato che l’effetto da aspettativa dipende da una fiducia generalizzata che poniamo negli Altri ma che, quando agisce su una determinate persona, dipende dal nostro modo di comunicare. Se veicoliamo questa fiducia in tutti i modi, se esaltiamo le capacità di chi ci è al fianco, allora costruiamo un’ interazione comunicativa positiva che può produrre l’autorealizzazione dell’aspettativa. Innanzitutto non bisogna lasciarsi ingannare dagli esempi di sopra, del genitore e dell’insegnante, perché questo fenomeno interessa tutti, è un processo che si realizza anche nel posto di lavoro e tra adulti.
Per interazione comunicativa positiva si intende che la comunicazione è straricca di stimoli, che si dimostra continuamente un atteggiamento di accettazione, anche verso gli errori, che però vanno corretti ( l’azione più difficile ); che si mostra entusiasmo per i sucessi della persona su cui vogliamo agire.
Cercate di immaginare adesso come è l’interazione quando lo stesso processo è al negativo.
Orribile nella manifestazione, disastrosa negli effetti.
L’aspettativa che si autorealizza è un fenomeno assai complesso anche perché tutto ciò che occorre ( come hanno dimostrato le indagini ) deve essere comunicato, per essere convincenti, oltre che con il linguaggio verbale anche con altri linguaggi, quali la mimica, il tono di voce, la tensione muscolare.
C’è tanto da dire sull’effetto da aspettativa. Prima o poi ci ritorno. Intanto per chi vuole
approfondire c’è il sito http://www.essereuomo.it/analizzare.htm )