«Il 69 per cento degli uomini italiani è cliente assiduo o occasionale di prostitute», sono le parole della prof. Anna Maria Colaci, docente dell’Università del Salento e autrice di un interessante studio sulla prostituzione e sulla realtà postribolare, che parte dall’antica Grecia e giunge fino ai bordelli di Terra d’Otranto, intitolato “Rieducare. Eros e costumi in Terra d’Otranto”.
Il sesso è un argomento che crea sempre grande interesse, lo dimostra il pienone registrato in occasione della conferenza sul libro, avvenuta venerdì, all’interno della sala conferenze del Monastero delle Benedettine.
Il saggio ripercorre dibattiti, problematiche e studi scientifici sul “più antico mestiere del mondo”: un viaggio, corredato di documentazione, sull’evoluzione o sull’involuzione culturale che ha trasformato lo Stato italiano in “pappone” e le prostitute in reiette da nascondere e sfruttare fino al loro sfiorire.La realtà postribolare italiana tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento in Terra d’Otranto viene esaminata al di là del perbenismo di facciata, utilizzando testi che dal punto di vista storico, etico e sanitario, si sono occupati delle cause del fenomeno del meretricio.
«Il volume scaturisce dalla necessità di acquisire una conoscenza più specifica di un “fenomeno”, come quello della prostituzione del quale, ancora oggi, sebbene sia in forte espansione, non sempre si conoscono i retroscena di sofferenza, coercizione e solitudine propri di chi svolge il “mestiere più antico del mondo”», spiega Anna Maria Colaci nella prefazione. Leggendo il libro si scopre che anche la città del Vaticano aveva il suo postribolo e che la chiesa considerava le case chiuse un “male necessario”(papa Giulio II fa costruire un bordello riservato ai cristiani).
A 55 anni dalla pubblicazione della legge Merlin (20 settembre 1958) si torna a discutere dell’opportunità di riaprire i postriboli, come avviene in molti paesi europei, per tenere sotto controllo la trasmissione della malattie veneree e per sottrarre il “mercato del sesso” alla criminalità. Il territorio italiano, attualmente, è disseminato di postriboli, anche a cielo aperto: impossibile arginare il fenomeno. C’è da dire che la prostituzione, giustamente, non è reato, perché può essere anche una scelta personale, ma è lo sfruttamento della prostituzione che ripugna alla coscienza collettiva.
Oggi, le “case chiuse” non ci sono più, ma prostituzione e lenocino dilagano, anche a Lecce,sulle strade, in B&B farlocchi, in centri massaggi particolari e in piccoli appartamenti del centro: un’inchiesta del Corrieresalentino.it metterà in luce la realtà potribolare illegale che pullula nel Salento. Nel 1890 il giovane Stato Italiano vantava 525 casini con 10 mila prostitute, di cui 262 donne benestanti, che lo facevano solo per piacere. Oggi è impossibile contare le prostitute attive, anche in un piccolo territorio come quello leccese: c’è la tratta delle schiave da mettere in conto, ma c’è anche tutta una serie di “prostitute volontarie” che sarebbe difficile inquadrare. In tante si muovono su internet: chiedono delle ricariche da 25 euro, poi dopo l’approccio in chat si può passare alla fase due, cioè quella del sesso a pagamento, molte sono studentesse, sembrano ragazze della porta a fianco.
Lecce, come la maggior parte delle città italiane, non si fa mancare niente: escort, “meretrici internaute”, trans, immigrate costrette a battere in strada, centri massaggi dove l’ultimo massaggio è riservato alle parti intime. Ecco perché il libro di Anna Maria Colaci rappresenta un ottimo spunto da cui partire per affrontare il dibattito sulla riapertura delle case chiuse e su come si è evoluta la prostituzione ai giorni nostri.