
BARI – Sarà presentato lunedi, 6 marzo, a Bari, consigliere di ruolo della Presidenza del Consiglio, Marco De Giorgi, autore salentino, il libro pubblicato da Franco Angeli dal titolo ‘Governare l’incertezza’. La presentazione avverrà nell’ambito di un convegno promosso da ANCI – Associazione nazionale dei comuni – in cui diversi amministratori locali, a cominciare dal Sindaco di Bari, Decaro, dal Sindaco di Lecce, Salvemini e altri esperti si confronteranno sulle sfide che il governo del territorio si sta trovando ad affrontare negli ultimi anni a fronte del forte impatto determinato dalla pandemia, della minaccia della guerra, da flussi migratori con l’emersione di bisogni sociali che richiedono risposte, attraverso nuove modalità di governance e nuove formule di intervento.
Consigliere Marco De Giorgi, viviamo una stagione di grandi cambiamenti e di crisi ricorrenti che mettono in crisi i paradigmi tradizionali di intervento. Quali sono le sfide di innovazione sociale che ci aspettano?
«La pandemia prima, la crisi ucraina dopo e, da ultimo, i forti flussi migratori impongono a tutti una profonda riflessione su quali modelli di sviluppo intraprendere, anche a livello di governo locale, per garantire una risposta a nuovi bisogni sociali. Viviamo in un tempo connotato da grande incertezza e velocità, dove l’unica strada percorribile è quella dell’innovazione sociale. Di fronte al rischio di crisi ricorrenti, serve una visione di sistema capace di essere tradotta in un nuovo modo di progettare e valutare le politiche con un chiaro orientamento agli impatti e alla gestione del rischio. La classe dirigente deve essere all’altezza di questa sfida. Serve una revisione complessiva dei modelli tradizionali di intervento. Serve una modifica del paradigma con cui imprese, pubblica amministrazione, terzo settore e società civile agiscono nel tessuto socio-economico. In questo senso, il libro propone la costruzione di nuovi partenariati fra pubblico e privato fondati sulla misurazione e valutazione degli impatti, che costituiscono proprio il portato dell’innovazione sociale».
A Bari interverranno i sindaci di Bari e di Lecce. È significativo che questo dibattito cominci proprio dal Sud che, peraltro, per le sue origini, lei conosce bene?
«Sì, certo, sono molto legato a questo territorio. Il Sud sta risentendo moltissimo degli impatti della crisi con conseguenze sociali anche pesanti. Ma, al contempo, ha anche tante risorse straordinarie. Benché viviamo in un’epoca di interconnessioni e di internet, i processi di innovazione sociale che sono presentati nel libro hanno un forte legame con il territorio. Non è un caso che l’innovazione sociale, intesa come lo sviluppo di nuove forme di relazioni, si realizzi solo in certi luoghi, luoghi in cui viene offerto un adeguato mix di capitale sociale, umano ed economico. L’innovazione sociale guarda proprio al ‘bisogno di comunità’ intesa come il sistema di relazioni che costituisce lo spazio per l’esercizio dei diritti di cittadinanza (politici, sociali ed economici), riconoscendo ai cittadini stessi una parte di responsabilità sociali nel trovare delle soluzioni. Il territorio, allora, essendo il luogo dove, soprattutto a livello locale, il senso di comunità è più forte, diventa la leva fondamentale per promuovere l’approccio collaborativo e partecipativo tipico dei processi di innovazione. Si pensi al problema abitativo che richiede una molteplicità di soluzioni fisiche che vanno sperimentate sul territorio facendo una buona analisi del bisogno, calibrando domanda ed offerta del mercato immobiliare e predisponendo efficaci sistemi di intermediazione».
Ma facciamo qualche esempio, per andare nel concreto di questi modelli di innovazione. Ci può citare alcuni?
«Proprio nel convegno di lunedi, promosso da Anci, si parlerà dei primi risultati di una sperimentazione che si sta facendo in circa 20 città italiane, da Torino a Roma, fino a Bari e Lecce. Negli ultimi anni, per fortuna, il tema dell’innovazione sociale è uscito dalle aule universitarie per diventare un driver delle politiche pubbliche, anche a livello locale, per promuovere nuovi modelli di amministrazione che sono sfidanti anche per la dirigenza pubblica. Attraverso la recente esperienza del Fondo per l’innovazione sociale finanziato dal Governo, ci sono diversi enti locali che stanno provando a trovare soluzioni a nuovi bisogni sociali emergenti nel campo della sanità , della scuola, del lavoro e dell’inclusione sociale, con il coinvolgimento di attori e finanziamenti anche del settore privato. Si tratta di prime esperienze pilota che si ispirano allo schema innovativo della finanza di impatto, il cd social impact, trattato nel libro, che permetterebbe di conciliare il profitto – e quindi la presenza di investimenti privati – con la produzione di importanti impatti sociali.
Ciò che accomuna i progetti è il tentativo di favorire modelli alternativi di sviluppo che consentano di canalizzare risorse economiche, expertise, skills e assets tangibili ed intangibili, sia pubblici che privati, verso la soluzione di problemi sociali, accrescendo non solo la qualità e la quantità dell’impatto sociale generato, ma creando anche nuove forme di legittimazione. A Lecce, ad esempio, è già in fase di realizzazione il progetto ‘Officine Mezzogiorno’, un centro polifuzionale che nasce dal recupero di un immobile che era destinato a rimessa degli autobus della società Ferrovie Sud Est. La riqualificazione dell’immobile si inserisce nell’ambito di un’azione di sistema, promossa dal Sindaco Salvemini, volta a creare nuove realtà produttive, posti di lavoro e opportunità di business per il territorio salentino. L’hub cosi come progettato costituisce un luogo fisico e virtuale di cooperazione fra enti pubblici e aziende, nel quale si concentrano azioni di educazione, percorsi di orientamento e sostegno all’imprenditorialità, attività di formazione manageriale, iniziative di valorizzazione dei talenti, tutte miranti allo sviluppo di conoscenze e competenze utili alla crescita economica e sociale del Mezzogiorno».
Per restare in Puglia, a Bari cosa si sta sperimentando, in termini di innovazione sociale?
«A Bari si sta tentando uno delle sfide più grandi della Città: la rigenerazione del quartiere Libertà, vecchio borgo operaio, semiperiferico, distante dal cuore commerciale, popoloso e densamente abitato (40.000 abitanti circa), noto per le contraddizioni sociali, multiculturalied economiche che si sono stratificate negli anni, rendendolo contemporaneamente un problema per il governo locale ed una straordinaria opportunità. Il quartiere Libertà, infatti, è contraddistinto da fenomeni di povertà, esclusione sociale, disoccupazione, desertificazione commerciale e criminalità; al contempo, preserva grandi potenzialità per la presenza di molti giovani, il portato di una forte diversità etnica e culturale, il mix autentico di composizione sociale, le buone esperienze scolastiche ed i presidi sociali di formazione popolare. Sia qui che a Lecce ciò che connota la sperimentazione è la creazione di nuove forme di cooperazione pubblico-privato e la misurazione degli impatti sociali».
Lei diceva che cambia il ruolo di Pubblica Amministrazione, imprese e terzo settore, in che senso?
«La principale sfida di questa prospettiva di innovazione è superare “l’antagonismo” tra attori sociali diversi e tradizionalmente in opposizione, superare l’antinomia pubblico- privato, l’opposizione profit-non profit, per creare appunto nuove relazioni, nuovi modelli di partenariato. Cambia il punto di vista della pubblica amministrazione perché l’applicazione dello schema del social impactpermette di convogliare risorse private verso il settore pubblico, senza per questo delegare ai privati l’esercizio delle funzioni. La pubblica amministrazione, fungendo da abilitatore dei processi di innovazione sociale, si orienta a ‘comprare’ impatti (risultati accertati), invece di servizi e il management pubblico è chiamato a scelte più coraggiose nella gestione del rischio connesso a complessi partenariati pubblico-privato. E’ previsto anche l’intervento di investitori privati.
Cambia, quindi, anche il punto di vista del settore privato, dove si analizza come l’innovazione sociale possa essere una strategia imprenditoriale con la quale, grazie a cambiamenti in termini di gestione del capitale umano e sociale, dentro e fuori l’organizzazione, è possibile guadagnare una maggiore efficienza e competitività sul mercato, reinventando i modelli imprenditoriali e passando dallo schema della corporate social responsibility (CSR) a quello della corporate sociale innovation (CSI). Cambia infine il ruolo del terzo settore. Nel libro si tenta di spiegare quale possa essere il salto di maturità organizzativa necessario ad interpretare le profonde trasformazioni sociali in atto e affrontare le problematiche di rilevanza sociale con modelli che siano anche per le associaizoni e ong economicamente sostenibili. Partendo dagli ultimi Rapporti Tiresia, si considera il ruolo centrale svolto dalle cd. organizzazioni ad impatto sociale che, abbandonando la logica charity, riescono a superare quella dicotomia profit-non profit che relega il sociale solo al settore non profit . Nel libro viene spesso richiamata, come buona pratica, l’esperienza di Torino social impact e la recente nascita di un Centro nazionale di competenza sull’innovazione sociale».