Intervento del direttore Gaetano Gorgoni pubblicato il mese scorso sul trimestrale cartaceo il Corrieresalentino.
LECCE – Nell’era della disintermediazione il politico usa i social per comunicare direttamente col cittadino, senza un intermediario. Ecco perché Trump crede di poter neutralizzare un cronista della CNN che gli fa domande scomode, impedendogli anche i futuri ingressi nella Sala Stampa. Il presidente degli Stati Uniti si sente di poter scavalcare il mediatore professionista della notizia, quando lo ritiene più opportuno: per fortuna ci ha pensato un giudice a imporre di restituire il pass al giornalista in questione. La critica al politico che punta sulla strategia del rapporto diretto con i ‘fedeli’ “diventa un attacco all’unità politica, che è anche unità mistica, tra leader e popolo”, afferma il professore di Comunicazione della Luiss, Massimiliano Panarari. Così il giornalista diventa un nemico, quello di cui c’è sempre bisogno per distrarre dai temi veri.
Anche in Italia la disintermediazione prende piede. Salvini fa le dirette ogni giorno, così come fa Di Maio. A Lecce Salvemini, spesso, prima che esca la notizia pubblica tutto su Facebook. Emiliano in Regione si muove sui social anticipando anche i contenuti delle conferenze stampa e risponde a tutti i comuni cittadini.
Quello della disintermediazione è un fenomeno che non riguarda solo il giornalismo politico: quel processo tramite il quale vengono eliminati i filtri (corpi intermedi) tra due utenti che comunicano si sta affermando in tutti i campi. Succede anche per quanto riguarda la cronaca nera: le immagini di un incendio e il racconto di quello che accade fatto da semplici cittadini attraverso i social ha dato l’idea che questa rivoluzione di linguaggio, il “giornalismo collaborativo” fatto dal basso e con la gente comune, potesse rendere superfluo il giornalismo vecchio stampo.
Invece è proprio l’affermarsi della disintermediazione che rende necessario il rafforzamento del giornalismo autorevole, fatto di firme in cui i cittadini hanno fiducia e capace di disinnescare le bufale producendo un’informazione sana è capace di nutrire la capacità critica dell’opinione pubblica.
La verifica della notizia prima del lancio e la puntualizzazione successiva sul web diventa la garanzia per ogni lettore.
Il lavoro di inchiesta, l’approfondimento e il retroscena si fanno con fonti fiduciarie solide e giornalisti esperti: non lo può fare chiunque. Ecco perché bisogna conbattere affinché non si spengano le voci autorevoli della stampa, come quella della Gazzetta del Mezzogiorno: testata autorevole da 130 anni (devo anche a Toti Bellone il mio tesserino da professionista, giornalista storico della Gazzetta che mi ha insegnato i primi trucchi del mestiere).
Mi è capitato nei giorni scorsi, navigando sul web, di imbattermi in una discussione, a cui prendevano parte persone stimabilissime, scatenata da una fake news colossale lanciata da un falso giornale online.
Per un addetto ai lavori come me non ci è voluto molto a capire che si trattava di uno di quei siti che alimentano il complottismo per fare click e guadagnare soldi.
Ma quello che non riesco ancora ad accettare è come mai gente che ha studiato, professionisti e persone stimabilissime possano bersi la storia delle scie chimiche. Sul sito si diceva anche che era l’effetto di un complotto internazionale per tenerci tutti sotto controllo. Insomma, una fake news che faceva leva sui più usati luoghi comuni del complottismo che non era difficile da smontare nemmeno per un bambino delle elementari. Eppure quelle persone su Facebook insistevano nelle loro infondate convinzioni, nonostante li facessi ragionare: avevo rotto il loro sistema di echo chamber.
Questo episodio è la parabola della grande sconfitta della nostra democrazia, che non è riuscita a costruire l’idea di un giornalismo che sia un punto di riferimento, la scialuppa di salvataggio per non annegare in un mare di menzogne e nella manipolazione messa in atto per interessi economici o politici.
Probabilmente delle responsabilità ce l’ha anche il mondo del giornalismo che spesso si è piegato ai diktat del potere politico di turno (non tutto per fortuna!). Quindi, siamo arrivati a un punto di sfiducia massimo in cui anche le istituzioni delegittimano il giornalismo davanti agli elettori. Appellativi coloriti usati da chi con qualche articoletto di sport è riuscito a inserire sul curriculum il possesso di un tesserino da pubblicista. Di Maio ha inveito in maniera scomposta in occasione della sacrosanta assoluzione della Raggi, sulla quale una parte della stampa si è accanita un po’ troppo.
Il mediatore che verifica, che fa domande, che pubblica notizie sgradite è ancora un importante baluardo di democrazia: non se ne può fare a meno proprio in questo periodo. In tempi in cui con una tempesta di fake news si possono indirizzare le scelte dei consumatori e degli elettori bisogna tenere alta la guardia. Ma è necessario che anche molti media nazionali facciano un mea culpa con la loro informazione spesso orientata alla notizia che fa più tendenza e, a volte, più comodo.
Tutti dobbiamo lavorare per rendere migliore, più libero e più indipendente il giornalismo italiano. Dobbiamo fare da “scorta mediatica” per proteggere i giornalisti in trincea: quelli che raccontano storie scomode. Dobbiamo tutelare le testate indipendenti, soprattutto locali. I giornali provinciali che svolgono un lavoro quotidiano di racconto del territorio in modo libero e pluralista come il Corrieresalentino sono un patrimonio di tutti i cittadini. La nostra è una funzione di vero servizio pubblico, nonostante pressioni, minacce più o meno velate, haters e scopiazzature in particolare di cronaca giudiziaria che vanno avanti da anni e segnalate di recente all’Ordine dei giornalisti (scorrettezza di indicibile gravità tra colleghi), noi andiamo avanti e cresciamo giorno dopo giorno, senza finanziamenti pubblici. In silenzio e in sordina. Con il vostro sostegno e, a volte, le vostre critiche. Il Corrieresalentino è la voce del Salento, dove tutte le voci si possono sentire senza censure. Questo giornale cartaceo che esce ogni sei mesi, dopo i milioni di click totalizzati sul web, è un piccolo tributo romantico a questa professione che tutti abbiamo il compito di proteggere. Con un giornalismo libero e più voci in campo anche i cittadini comuni sono più liberi. da qui si riparte. Per un 2019 in cui il CorriereSalentino continuerà ad essere una voce libera, a volte scomoda, ma sempre equidistante ed equilibrata facendo parlare la gente e le carte.