GALLIPOLI – Sono 14 i contagiati dal virus SARS-CoV-2, 6 positivi scoperti ieri (un medico del pronto soccorso, due infermieri positivi e tre altri infermieri di medicina, una donna e due uomini). Covid-19 si conferma malattia sempre più ospedaliera. Se fossero già pronti i test (alcuni ripetuti) di oltre una settimana fa, forse i numeri sarebbero ancora più inquietanti: tutto procede a rilento e in troppi, anche tra i sanitari, attendono i risultati. Bisogna precisare, come ha già spiegato il presidente dell’Ordine dei medici, Donato De Giorgi, che basta un solo infermiere positivo per far saltare interi reparti e le operazioni programmate, perché tutti i colleghi che hanno avuto contatti stretti devono essere messi in quarantena, anche se asintomatici. A Gallipoli resta chiuso il pronto soccorso, mentre a Copertino riapre l’ospedale come centro covid-19, ma senza pronto soccorso, nonostante le proteste di alcuni cittadini.
Le associazioni di Azione Cattolica delle parrocchie della città di Copertino sostengono che il “presidio ospedaliero, oggi completamente sanificato, è luogo più che mai sicuro”. “Si constata, altresì, che dopo la chiusura del Pronto Soccorso dell’ospedale di Gallipoli, il nosocomio copertinese risulta essere ambiente indispensabile, sicuro e adeguato per la cura delle diverse patologie. I disagi momentanei verificatesi chiedono una conclusione positiva e un ripristino in toto dell’ospedale dedicato al Santo dei Voli. Auspichiamo al più presto risposte solerti, fattive e responsabili”.
La situazione a Lecce non sembra migliore: al Vito Fazzi risulta un altro paziente tra i contagiati, secondo le indiscrezioni che circolano. Limitare i tamponi ai sintomatici non svela la verità sulla situazione. Gli ospedali sono veri e propri focolai, se non si fa una sorveglianza su tutto il personale con test periodici. “I test non si fanno altrimenti chiuderebbero molti ospedali: non ci sarebbe il personale sufficiente tra quarantene e positivi” – confida un medico al telefono. Il nome non si può dire, perché nessuno può parlare, a parte i vertici della sanità regionale. Nessuno parla nemmeno con i sindaci per comunicare i contagi: lo scopo di questo “silenzio interistituzionale” è la tutela della privacy dei contagiati. Intanto il contagio avanza e i sindaci non sanno nemmeno dove intervenire con una raccolta dei rifiuti diversa, se non sanno chi sono i loro residenti con covid-19.