Ancora oggi, nell’era di internet, il balletto “La Bella addormentata nel bosco” continua a mantenere il suo fascino.
Viviamo nell’epoca del movimento. Nel ritmo frenetico della vita quotidiana e della cultura delle macchine c’è tuttavia un continuo e crescente bisogno di fare danza, di crearla, di fruirla in tutte le sue forme e manifestazioni.
Dal tradizionale balletto classico alla danza moderna, fino alle più inconsuete e stravaganti espressioni corporee, la danza è presente, vive e scandisce momenti di vissuto, di emozioni e di memoria.
E quale migliore ed ideale “location” se non lo storico, pittorico palcoscenico del Teatro di Tradizione Politeama Greco di Lecce, poteva accogliere uno degli immortali capolavori ballettistici di Ciaikovsky, per fare un tuffo nella ricchezza espressiva della danse d’école in una fusione perfetta di soggetto, musica e coreografia.
“La Bella addormentata nel bosco” è tratta da una nota fiaba popolare trascritta da Charles Perrault. La presenza di elementi magici, si sa, è la caratteristica fondamentale di ogni fiaba. Sebbene dunque oggi viviamo in un mondo profondamente realistico, il linguaggio delle fiabe è tuttora vivo e ricco di significato. E’ vero: le fiabe si riferiscono sempre a mondi fantasiosi, a tempi lontani (per intenderci: C’era una volta…), ma il messaggio che esse contengono, di felicità e successo, è universale. Un significato profondo che bisogna saper cogliere per capire la natura umana e comprender meglio le proprie storie individuali.
L’ ingrediente che dà un sapore unico alle fiabe, è costituito proprio da fatti irreali o inverosimili, magie e incantesimi. Quando poi, a tutto ciò si aggiunge il fascino degli allestimenti scenografici e costumi in linea con la grande tradizione del balletto tardoromantico, ci si trova di fronte ad una vera opera d’arte.
Solo poche compagnie sono comunque tutt’oggi in grado di rappresentare questo balletto perché i vari pezzi che lo compongono sono tutti di alta qualità virtuosistica ed espressiva, tanto da costituire autentici pezzi di bravura.
La compagnia di balletto del Teatro della Macedonia che si è esibita mercoledì 1 dicembre 2010 nella cornice del nostro Politeama, “trae le sue origini dagli sforzi di generazioni di ballerini, insegnanti, maestri ripetitori e coreografi che, sviluppando la tradizione di quest’arte, l’hanno resa parte della cultura del loro paese”, frutto di una plurisecolare miscela etnica. “ La sfida di questo Teatro nasce nello sviluppo della tradizione” che, in questo caso, traspare senza ombra di dubbio, attraverso l’adozione di una tecnica di stampo tipicamente sovietico dei suoi danzatori, peraltro, di evidente giovane età, che si palesa in particolare nei pezzi corali da cui traspare purtroppo, sia pur nella rigorosa sincronia dei movimenti, un acerbo accademismo scolastico.
Una scelta impegnativa e ambiziosa, dunque, quella del Balletto Macedone che mira ad entrare nella rosa dei grandi teatri della tradizione ballettistica tardoromantica, mettendo in luce, attraverso l’adozione della pura danza classica accademica, Il difficile, virtuosistico autocontrollo del corpo umano in precari equilibri, esempi lampanti del desiderio umano di uscire da sé stessi, di sconfiggere la forza di gravità, di affrancarsi dai propri vincoli, di volare: un sogno eterno che spinge alla inevitabile consapevolezza della forza di attrazione al suolo, logos della realtà.
PATRIZIA BALDASSARRE