di Francesco Oliva
SALENTO – “È impossibile rinvenire la prova certa che, osservate le corrette regole di comportamento, i reati non si sarebbero comunque realizzati. Nessun’altra attività investigativa, peraltro, ad oggi sarebbe utilmente esperibile per colmare la lacuna probatoria evidenziata il che, in un eventuale processo, non potrebbe che portare ad un esito assolutorio”. Sono le conclusione riportate nell’ordinanza di archiviazione di 42 pagine con cui il gip Alcide Maritati manda al macero l’inchiesta sulla Xylella evidenziando come “lo stato delle conoscenze scientifiche attuali sul fenomeno non consente di giungere a conclusioni diverse”.
Nel registro degli indagati comparivano i nomi dell’ex commissario Giuseppe Silletti, poi dimissionario, il dirigente dell’Osservatorio fitosanitario della Regione Puglia, Silvio Schito, e il suo predecessore (da poco in pensione) Antonio Guario; il dirigente del servizio Agricoltura della Regione, Giuseppe D’Onghia; Giuseppe Blasi del Servizio fitosanitario nazionale; Vito Nicola Savino, dirigente dell’istituto Caramia di Locorotondo;Franco Nigro (Università di Bari); Donato Boscia, responsabile dell’Istituto per la protezione delle piante del Cnr; Maria Saponari, ricercatrice presso lo stesso istituto, e Franco Valentini ricercatore dello Iam di Valenzano. I reati contestati erano quelli di diffusione colposa di una malattia delle piante; violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale; falso materiale e ideologico; getto pericoloso di cose; distruzione o deturpamento di bellezze naturali.
LE MOTIVAZIONI DEL PROVVEDIMENTO DI ARCHIVIAZIONE
Il gip, nell’ordinanza, recepisce le argomentazioni sostenute nella richiesta di archiviazione dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone e dal pubblico ministero Roberta Licci. Annota il giudice: “Nonostante la complessa e meticolosa attività investigativa e nonostante i molteplici aspetti di irregolarità, pressapochismo, negligenza, gli elementi raccolti non appaiono sufficienti o comunque idonei a dimostrare la sussistenza del nesso causale tra la sperimentazione in campo, di ritardo nell’affrontare la fenomenologia segnalata dagli agricoltori, ed infine di non corretta applicazione delle procedure imposte e l’inquinamento ambientale.
Rimarca sempre il gip: “L’insorgenza del fenomeno del disseccamento rapido degli olivi salentini, infatti pare (stando alle risultanze investigative), risalire intorno alla metà degli anni 2000, ossia prima o durante quei comportamenti che si sono dimostrati assolutamente disarticolati, tardivi, caratterizzati da scarsa trasparenza e professionalità e non consoni complessivamente ad una cattiva gestione dell’emergenza, il che – se si considera che ancora oggi non vi è chiarezza scientifica né sulla piena conoscenza del fenomeno naturale, né sulle sue cause e, tanto meno, sui rimedi – impedisce di attribuire, con la necessaria certezza o quanto meno elevatissima probabilità, l’evento verificatosi (o il suo aggravarsi) alle medesime condotte in termini di derivazione casuale”.
Il giudice sottolinea che se è vero – come è vero – che dalle indagini si è potuto accertare che alcuni degli indagati abbiano, in maniera non conforme alle disposizioni che regolano la materia, importato ceppi di Xylella dall’estero e ne abbiano fatto oggetto di studi e, verosimilmente, di sperimentazione in campo, è impossibile dimostrare che tali illegittime condotte (che risalirebbero all’estate/autunno 2010) siano all’origine della diffusione del batterio della Xylella che – stando alle risultanze investigative – verosimilmente aveva già iniziato sul territorio della provincia di Lecce, al momento delle importazioni e sperimentazioni, la sua devastante progressione”.
L’INDAGINE
Il fascicolo era stato ufficialmente aperto il 18 dicembre del 2015 con il contestuale sequestro degli ulivi malati così come disposto dal gip Alcide Maritati. Lo stesso giudice rimarcava in un passaggio della propria ordinanza come non si potesse ritenere con certezza che fosse il batterio della Xylella ad aver provocato la morìa degli alberi.
L’inchiesta venne aperta nel maggio del 2014 dopo la morìa di centinaia e centinaia di alberi d’ulivo segnalata in tutto il Salento a seguito di tre esposti presentati in Procura da diverse associazioni ambientaliste. L’obiettivo era accertare come e quando il batterio killer fosse arrivato nel Tacco d’Italia e se la strategia d’urto messa a punto dalla Regione al fine di contenere l’emergenza fosse stata equilibrata ed efficace. Gli interrogativi riguardavano innanzitutto l’arrivo della Xylella in Europa segnalato già anni fa. Introdotta presumibilmente per la prima volta nel corso di un convegno tenutosi a Bari.