NARDÒ (Lecce) – Sequestrata, picchiata e violentata per giorni. Costretta persino a mangiare le feci del suo convivente, trasformatosi in uno spietato aguzzino. Una terribile storia di soprusi e violenze contro le donne, terminata nella giornata di ieri con le manette per un 31enne rumeno residente a Nardò – Alexei Florea – fermato ed accompagnato in carcere con le accuse di sequestro di persona, violenza carnale e riduzione in schiavitù. Gli agenti del commissariato neretino lo hanno fermato mentre era in procinto di fuggire: stava già preparando le valigie per fare perdere le sue tracce.
È l’epilogo di una serie di violenze cui è stata costretta una 42enne rumena, residente anche lei a Nardò da una decina d’anni, dove svolgeva l’attività di badante, abusata e malmenata per giorni dal suo connazionale, col quale era andata a convivere soltanto da un paio di settimane. La fine dell’incubo per la vittima all’alba di ieri, intorno alle 5.45, quando è riuscita a fuggire da quell’abitazione diventata la sua prigione, raggiungendo a piedi il vicino commissariato di polizia: “Aiutatemi”.
Seminuda, scalza e con evidenti segni di percosse sul volto e su tutto il corpo, la 42enne ha raccontato a fatica agli agenti di essere stata sequestrata, violentata e picchiata dall’uomo con cui aveva allacciato una relazione sentimentale dallo scorso agosto e col quale recentemente (dalle scorse vacanze natalizie) era andata a vivere sotto lo stesso tetto.
Il suo racconto, ricco di violenze e soprusi, lascia attoniti i poliziotti, che subito avviano una serie di accertamenti e richiedono l’intervento di un’ambulanza, per soccorrere la donna, terrorizzata e piena di lividi, e quindi accompagnarla per accertamenti presso l’ospedale di Copertino.
Lui, disoccupato ed assiduo frequentatore di palestre, le aveva promesso una vita migliore, inducendola a lasciare il lavoro di badante che svolgeva presso un’abitazione di Nardò. E per questo motivo, lo scorso 17 gennaio, si era licenziata.
Già ad ottobre, la donna era stata colpita violentemente alla nuca dal convivente, che aveva poi comprato il suo silenzio consegnandole 200 euro. Ben presto, però, la rumena si è trovata a vivere un incubo ad occhi aperti, iniziato la mattina di domenica scorsa e terminato soltanto ieri mattina, quando disperata è riuscita a fuggire dal suo carnefice, che si era momentaneamente addormentato sul letto, dopo avere fatto colazione di buon mattino.
L’escalation di violenza ha inizio col taglio dei capelli della donna, picchiata e messa a tacere con un cuscino sul volto, per evitare che le sue urla potessero attirare l’attenzione dei vicini. Un taglio dettato da una presunta “gelosia” del rumeno, che – dopo averle somministrato benzodiazepine – successivamente la costringe a subire più volte rapporti sessuali, la picchia e le urina sul volto, per poi versarle della Coca Cola e percuoterla violentemente con una gruccia in legno. L’unico appendiabito “robusto” presente in casa, tra i vari di plastica. Dunque, la trascina davanti allo specchio, quasi a volerla umiliare ulteriormente, mostrandole il suo volto tumefatto.
I soprusi continuano nel silenzio di quelle quattro mura per i due giorni successivi. Ma è il 3 febbraio che si raggiunge l’apice della ferocia. Florea, appena svegliatosi, la minaccia sostenendo che non ha diritto di vivere: “O ti prostituisci o muori”. Quindi rende concrete le sue minacce e, dopo averle bloccato con del nastro adesivo gli arti e le ginocchia, l’avvolge in un lenzuolo e la carica sulle spalle. Voleva buttarla a mare. Implorando pietà, la malcapitata 42enne riesce a farlo desistere, ricevendo però una nuova serie di percosse su tutto il corpo. E sempre con la medesima gruccia di legno.
L’incubo per la donna non è ancora finito. Nel pomeriggio il convivente, dopo avere defecato su un piatto, le porge un cucchiaio per constringerla a mangiare le feci, riprendendo tutto con il suo cellulare. Filmato che poi manda a qualcuno, ringraziandolo: “Grazie Gino”.
Ieri mattina, dopo un’altra notte di violenze sessuali e percosse, la fine della storia. Dopo avere mangiato un pezzo di torta, il 31enne risale in camera da letto e si addormenta. È a questo punto che la donna capisce che deve agire. Deve trovare la via di salvezza. Così riesce a trovare le chiavi e, dopo essersi infilata un paio di pantaloni, fugge e raggiunge il commissariato di polizia, distante non più di duecento metri.
Ascoltato l’agghiacciante racconto della vittima, gli agenti diretti dal commissario Pantaleo Nicolì avviano le ricerche del bruto. Lo cercano in casa, presso il parco “Raho” (solitamente frequentato da rumeni), anche presso l’abitazione della madre e presso la palestra che frequenta assiduamente. Ma non lo trovano. Lo rintracciano soltanto alle 10.25, nei pressi di quell’abitazione trasformata in prigione.
Gli agenti lo sorprendono in compagnia della madre, anche lei residente a Nardò: Florea ha in mano le chiavi della sua Laguna metallizzata. Non accenna alcuna reazione, ma soltanto un gesto di stizza quando vede gli agenti di polizia. Capisce di essere giunto al capolinea. Eppure era già pronto alla fuga: stava preparando le valigie e nel portafogli aveva ben tremila euro in contanti.
Fermato ed accompagnato negli uffici di polizia, è stato a lungo interrogato. Ma non ha rilasciato alcuna dichiarazione, mostrandosi tranquillo ed estremamente freddo. I poliziotti hanno posto sotto sequestro i soldi, il suo cellulare, un pc ed una chiavetta usb, sui quali potrebbero esserci altri filmati ritraenti le terribili sevizie subìte dalla malcapitata rumena. Sequestrati anche le pastiglie di ansiolitici che somministrava per inibire la 42enne, così come due paia di forbici, la gruccia in legno ed un rotolo di nastro adesivo.
Per la donna, sposata e con due figli in Romania, la fine dell’incubo. Le violenze fisiche subite guariranno, quelle psicologiche probabilmente se le trascinerà per tutta la vita. Intanto le indagini della polizia proseguono, per accertare l’eventuale coinvolgimento di altre persone. Di chi avrebbe taciuto, coprendo le spalle al carnefice rumeno.
Claudio Tadicini