Ricordando ciò che affermava il filosofo Karl Popper a proposito del ruolo della televisione negli anni Novanta, oggi si intende, con un semplice articolo, lanciare una forma di educazione e di approccio ad una disciplina sempre più “contemporanea” ai nostri conservatori, non solo mera informazione.
Con questo spirito abbiamo avvicinato il M° Paolo Tortiglione, compositore e docente di composizione titolare della cattedra a Lecce ed ora assegnato presso il Conservatorio di Musica di Latina, per porgli alcune domande, così come farebbe un allievo col suo maestro nelle vesti dell’assetato lettore incuriosito da questa disciplina: la semiografia.
* Maestro Tortiglione, questo il titolo del suo libro: “Semiography and semiology of contemporary music”. “Semiografia e semiologia della musica contemporanea”…
Sono due termini usati in generale per indicare il rapporto segno/suono ed il suo significato particolare nel corso della millenaria storia della notazione musicale. Non occupandomi, se non per puro diletto, di filosofia non sono certo io quello che può dare le migliori definizioni teoriche. Tuttavia sono termini molto usati nella pratica quotidiana, sono nomi di discipline insegnate in conservatori ed università, identificano chiaramente una problematica ancora aperta: la ricerca di un segno per ottenere un significato da comunicare, nel nostro caso tramite i suoni. Se si pensa agli sviluppi che ha avuto l’elettronica negli ultimi decenni, si capisce chiaramente che c’è ancora molto da fare. Sulle notazioni storiche medievali e rinascimentali, come pure per le precedenti, si è fatto molto, la musica contemporanea si è appropriata di un qualcosa che le era sfuggito nel corso dei secoli… Ed ecco riapparire, quindi, la problematica.
* Cosa è per lei il segno musicale? Come lo definirebbe?
Non sono io dover definire cosa è un segno o simbolo. Come ho già detto illustri studiosi e filosofi vi si sono dedicati una vita scrivendo migliaia di pagine di approfondite riflessioni e considerazioni. Per me il segno è molto più “artigianalmente” un mezzo per rappresentare una visione sonora, una immagine mentale che poi deve prendere la forma di un atto concreto nella performance esecutiva. Tuttavia non credo che per far questo ognuno sia libero di inventarsi ciò che vuole. Il simbolo musicale deve rimandare a qualcosa che, pur non potendosi sentire, deve, il più universalmente possibile, significare una azione prima mentale e poi esecutiva. Il mio tentativo di trovarne una serie di comunemente accettati è solo un inizio. Basti pensare all’elettronica. Ci vorranno ancora decenni di ricerca e riflessione.
* Tra gli obiettivi del libro: praticare senza esclusioni preconcette i più diversi repertori contemporanei; giungere ad una sempre più soddisfacente decifrazione di segni con supporto esortativo, oltre che conoscitivo; fornire i contorni esatti della libera iniziativa dell’esecutore; porre le basi per il “grande salto” dalla didattica alla pedagogia; creare un’attitudine generale alla comprensione ed all’agire.
Il pubblico del suo libro è anche lei stesso. Ha sentito l’esigenza di racchiudere questi simboli componendo, interpretando o, come si suol dire, studiando “la musica”?
L’obiettivo principale del testo è, come indicato più approfonditamente in copertina e nella introduzione, fornire ad esecutori, musicologi, compositori, uno strumento per iniziare un percorso di conoscenza in un ambito che ancora raccoglie probabilmente meno del 3-4% dell’ascolto musicale mondiale. Aspirare ad un 4-5% è già un obiettivo complesso. Il mio piccolo contributo parte dalla scuola, dalla mia piccola classe. Personalmente sono arrivato a questo testo gradualmente e maggiormente con l’esperienza della docenza di composizione ed elettronica. Strumentalmente parlando sono un organista. L’organo è un universo parallelo, di solito comprensibile prevalentemente a chi lo suona o lo ama incondizionatamente. Non ha bisogno di troppi simboli. La sua secolare storia ne è una prova.
* Si può mai esprimere attraverso un segno l’idea così come la si è concepita attraverso il pensiero? A volte il pensiero è anche immagine, suono, ancora immagine…
Rinforzo, quindi, la domanda: è possibile racchiudere tale molteplicità in un singolo elemento?
Dipende dall’idea e dai mezzi/strumenti richiesti per realizzarla. Basti pensare all’elettronica ed ai suoni elettronici misti, a quelli strumentali. In generale, il tutto passa dalla mediazione dell’interprete che, comunque la si voglia vedere, rimane il tramite ultimo e principale verso l’ascoltatore.
* Lei annovera molti diplomi e titoli, ma è soprattutto un compositore e docente di composizione. Cosa suggerisce ai giovani compositori?
Prima di frequentare l’Accademia di Santa Cecilia mi sono diplomato in Composizione, Musica Elettronica, Polifonia Vocale ed Organo. Suggerisco ai giovani compositori, per prima cosa, di non abbandonare gli studi alle prime difficoltà. Non vedo cosa ci sia di alternativamente facile nella vita. Non è mia esperienza diretta, ma molti colleghi docenti lamentano un abbandono degli studi molto alto da parte dei giovani studenti di composizione. Lo si può capire, ma bisogna chiedere ai giovani di non mollare, che anche loro possono farcela… Anzi, con i mezzi che ci sono oggi, a mio parere possono fare ancora meglio di noi. Il segno musicale va studiato nella sua realtà istantanea. È necessario calarlo nel contesto e realizzarlo. Non credo assolutamente ci sia la necessità di nuovi segni. Per questo libro ne ho catalogati e raccolti oltre duemila. Non era mio intento la raccolta enciclopedica… Ma… che testo sarebbe stato? Allora ho fatto una accurata selezione.
* Potremmo definire il suo libro un manuale dal forte carattere informativo. Il lettore, sia egli studioso, interprete, compositore e quant’altro, si trova davanti ad una serie di segni da esplorare ed “assaporare” direttamente sul testo musicale (partitura) e sul materiale sonoro. Seppur con altre “intenzioni” Popper affermava che: «non ci può essere informazione che non esprima una certa tendenza, e ciò si vede già nella scelta dei contenuti, quando si deve scegliere su che cosa la gente dovrà essere informata; per fare questo bisogna aver già stabilito in anticipo che cosa si pensa dei fatti, decidere circa il loro interesse ed il loro significato. Questo basta a dimostrare che non vi sia informazione che non sia di tendenza, bisogna scegliere ed il nostro intendimento determina la nostra scelta»
Certo, come molti mi hanno fatto osservare, perché questo segno si e quello no? Spesso ci sono delle precise ragioni e motivazioni. In altri casi non c’è risposta esatta: è il bello di poter scegliere!
* Nel suo libro leggiamo: «L’educazione alla vastità delle possibili scelte potrà generare una benefica emulazione proprio sul terreno semiografico: gli esempi rimangono tali, ma poi ognuno potrà sentire di andare per la propria strada sapendo per certo che i pensieri nuovi richiedono – in una certa misura – segni nuovi per potersi esprimere».
Si parla, dunque, di cambiamento. Come si approda al nuovo?
Guido Salvetti è stato in grado di sintetizzare in due righe ciò che l’intero libro si auspica: la base di partenza di una nuova ricerca, individuale, personale e finalmente collettiva. Chi dice che la musica non ha nulla da dire ancora di nuovo? In ogni epoca si è detta la stessa cosa… E siamo arrivati ad oggi!
* Precedentemente ha affermato che a suo parere i giovani, con i mezzi che oggi il mercato offre, potrebbero fare ancora meglio di quanto non abbiano potuto fare nella sua generazione. A quali mezzi, in particolare, si riferisce?
“Ai miei tempi” ci si metteva da parte la paghetta settimanale oppure i due soldini racimolati con le lezioni private, si facevano ore di bus o treno, si arrivava nel negozio di dischi (quelli di vinile, i 33 giri per intenderci) e dopo ore ed ore di ponderata riflessione si passava all’acquisto. Il disco, quindi, veniva quasi “venerato” ed, ovviamente, lo si riascoltava fino a consumarlo.
Oggi gli esperti valutano in circa 7 secondi il tempo medio che un ascoltatore comune dedica ad un brano prima di decidere se andare avanti nell’ascolto o passare alla traccia successiva o cambiare link youtube… Chiaramente le cose sono cambiate, chiunque lo sa. Non lo sanno, però, le nuove generazioni, che, invece, con youtube ci sono nate. Credo che un dialogo ed una riflessione con questi ragazzi non possa che aiutarci a capire quali contenuti, anche a livello didattico, siano adatti a loro, per la loro formazione, per il futuro che vogliamo dare alla musica. Molto sta a noi docenti. Non lo so… Chi può dirlo…Ma non è detto che non si torni, prima o poi, a risentire l’integrale di Wagner!
* Di quali mezzi oggi disponibili le sarebbe piaciuto usufruire quando lei era ancora uno studente?
Certamente la rete, il web. Si immagini che quando avevo 20 anni fondai con altri amici (alcuni anche musicisti) una associazione “per la diffusione di Internet”! Erano ancora i tempi di Fidonet. Nessuno avrebbe mai immaginato una simile penetrazione della rete nelle nostre vite. Ormai è una parte noi. Non se ne può più fare a meno, a meno di non cambiare vita.
* Internet è “la televisione del futuro”. Rappresenta l’epoca della “condivisione globale” e del “grande mettersi in mostra”. Pensa che la pubblicità sul web possa, in generale, aiutare un giovane musicista ad emergere?
Assolutamente si. Un “must” per ogni giovane.
* Punti negativi per questo libro? Qualcuno, ironizzando, ha scritto: «Fare un’altra edizione ancora più corposa». Potremmo aspettarcelo?
Non esiste nulla senza difetti. Il testo ovviamente ne ha molti, alcuni certamente migliorabili, altri purtroppo non lo saranno per ragioni di vario tipo, in generale legati alla politica dei costi. Il testo ha un prezzo basso, adatto a chiunque, e, quindi, non può superare un certo numero di pagine. Questo ha voluto dire il lasciare da parte migliaia di segni, fare delle prefazioni precise, utili ma nello stesso tempo essenziali, non inserire altre lingue (che tuttavia sono già nelle idee che verranno). Ci sono, però, molte idee estremamente innovative che ho già in cantiere con l’editore. Questo tipo di testi cresce e si afferma nel corso di anni per cui prometto che queste idee verranno fuori presto e ne vedremo tutti i risultati.
Paolo Tortiglione sarà ospite domani sera negli studi di Radio3 per partecipare, in diretta, alla trasmissione “Radio3 suite” condotta da Francesco Antonioni. La diretta, prevista per le 22.10 circa, andrà in onda prima del giornale radio della seconda serata e sarà trasmessa anche in streaming sul sito Rai.tv.
A cura di Pamela Pinto