“Dopo oltre dieci giorni dalla lettera inviata ai vertici dell’Asl di Lecce, per chiedere il ripristino dell’unità professionale in favore del reparto di Ginecologia del “Sacro Cuore”, siamo ancora in attesa di una risposta. Correttezza istituzionale vorrebbe che si desse una risposta alla legittima preoccupazione di chi è chiamato a render conto alla propria comunità dei livelli assistenziali forniti nel settore sanitario”. L’amministrazione Errico continua la sua battaglia: non è stato ancora digerito il provvedimento che riduce il personale, da sei a cinque medici, di un reparto che presto sarà chiuso. Da qualche giorno ormai continua lo stato di agitazione di lavoratori, sindacati e associazioni per la difesa di Ostetricia e ginecologia.
Il sindaco ha promesso di impugnare il provvedimento di mobilità davanti al Tar. Mellone ha risposto che non fa una piega e che si tratta di scelte organizzative che competono all’Asl. La mancanza di una risposta formale da parte dell’Azianda Sanitaria, però, fa imbestialire Errico: “Siamo ancora in attesa di un riscontro a quelle che riteniamo legittime e ponderate osservazioni sul futuro della nostra struttura ospedaliera”.
C’è anche la consigliera comunale delegata alle problematiche del locale ospedale, Assunta Cataldi, con l’ascia di guerra in mano per chiedere che venga rimesso al suo posto il medico interessato dalla procedura di mobilità: “Mi auguro che le risposte alle nostre domande arrivino quanto prima, ma soprattutto che si comprenda come, seguendo la logica del buonsenso, non si possa procedere ad un ridimensionamento di una struttura che ha tutte le carte in regola per essere un punto di riferimento per la sanità di questo territorio”. Sì, perché un altro dei temi spinosi è proprio quello del vuoto che si potrebbe creare su tutto il tratto jonico, una volta chiuso il punto nascita di Gallipoli. Mellone, però, non si preoccupa: ha sempre chiarito che un parto si può programmare e che è meglio avere un centro efficiente a qualche chilometro in più, piuttosto che tante strutture costose e poco attrezzate.