di Gaetano Gorgoni
LECCE – Troppi risparmiatori hanno visto andare in fumo i loro soldi, grazie a chi piazzava titoli rischiosi facendo finta che fossero sicuri, approfittando della buona fede del cliente. È successo anche con le azioni di Veneto Banca che i pugliesi hanno acquistato attraverso BancApulia (che dal 2010 appartiene al gruppo Veneto) ritrovandosi in tasca carta straccia qualche anno dopo. Tra gli addetti ai lavori la «sentenza Moroni» sta facendo discutere moltissimo. Sì, perché consente un risarcimento record rispetto al passato, che lascia ben sperare quei risparmiatori che hanno acquistato azioni da 40 euro deprezzate fino a 10 centesimi pochi anni dopo. I piccoli risparmiatori si sono mossi attraverso le associazioni dei consumatori: sembra che siano circa 3mila. Solo in Puglia sono andati in fumo circa 230 milioni di imprenditori e piccoli risparmiatori.
Ma una leccese ha deciso di procedere da sola contro la filiale della banca che l’aveva convinta a fare questi investimenti: non aveva alcuna intenzione di fare transazioni collettive e ha ottenuto un cospicuo risarcimento. La sentenza emessa dal giudice Paolo Moroni del Tribunale civile di Lecce ha accolto la richiesta di risarcimento danni di una risparmiatrice leccese contro la BancApulia spa «per collocazione alla stessa di azioni e di obbligazioni convertibili Veneto Banca»: è la prima volta che si arriva alla restituzione del 66 per cento delle cifre risparmiate. BancApulia dovrà restituire oltre 42mila euro (più circa 27 mila euro per interessi e lucro cessante, mentre vengono compensate le spese della lite).
La sentenza è stata pubblicata il 4 dicembre del 2018. Per la sfortunata risparmiatrice tutto comincia nel 2012, quando acquista una casa in Viale Taranto, accollandosi il mutuo ipotecario gravante sul bene. In quell’occasione un funzionario della Banca a cui era stata affidata la pratica convinse la signora a instaurare un rapporto di caratteri finanziario con lo stesso istituto ai fini della buona riuscita dell’accollo del mutuo. Il responsabile dell’istituto leccese convince la nuova cliente ad acquistare azioni della banca non quotate su mercati regolamentati e aperti con la rassicurazione che non avrebbe perso nemmeno un euro (secondo la versione accusatoria). La signora diventa «parte di un rapporto di deposito titoli presso la filiale di Maglie dello stesso istituto di credito»: a giugno del 2012 la cliente acquista titoli azionari e obbligazionari per oltre 67mila euro.
Nel 2014 la risparmiatrice viene contattata per la modifica del piano finanziario, ma solo nel 2016 scopre il disastro economico in cui si è cacciata: le sue risorse passano da 67mila a 15 mila euro. Si scopre anche che le somme versate alla BancApulia venivano investite «in cespiti finanziari illiquidi, connotati da un elevato grado di rischiosità». La donna non si scoraggia e si rivolge a un avvocato esperto in questo settore, Simone Coppola, attraverso il quale intima all’istituto di credito di risarcire i danni cagionati dalla mancata informazione sulle reali caratteristiche dei titoli acquistati. La Banca si è difesa anche in giudizio tentando di scrollarsi di dosso la responsabilità (quella delle mancate informazioni) e ricordando che nel contratto siglato il rischio era specificato: la colpa secondo questo teorema ricadrebbe sul singolo funzionario.
La novità della sentenza Moroni è che permette il risarcimento quasi totale delle azioni. «La complessiva condotta della Banca non risulta esente da censure con riguardo ai profili di inadempimento degli obblighi che disciplinano l’attività di intermediazione finanziaria»: secondo il giudice sono fuorvianti anche i richiami alla responsabilità extra-contrattuale. La vendita dell’azione di Veneto Banca non è collocata sul mercato primario, ma in una fase successiva (cioè dopo che l’investitore ha sottoscritto l’azione): questo titolo viene negoziato in una seconda fase con un altro investitore. Gli istituti di credito sono obbligati a operare con diligenza, nell’interesse dell’investitore, e a informare dettagliatamente e con chiarezza i risparmiatori: questo non è avvenuto secondo il giudice di primo grado.
È per questo motivo che la banca, difesa dagli avvocati Andrea Bernava, Andrea Greppo, Gerolamo Vinci, David Lorenzoni e Marina Romanucci, farà ricorso in appello. La battaglia non è finita e ce n’è un’altra penale che sta per cominciare. La risparmiatrice leccese nell’azione penale è difesa dall’avvocato Gian Piero Tramacere: l’udienza è ancora da fissare. È stata impugnata l’archiviazione della denuncia per truffa: il giudice ha deciso che si deve andare avanti. Si tratta del primo rinvio a giudizio anche sulla scorta della consulenza effettuata dagli ispettori della Banca d’Italia. È stata accolta la prospettazione della responsabilità della BancApulia a seguito dell’opposizione decisa dall’avvocato Tramacere. Una sola vittoria potrebbe aprire la strada a molti altri casi. La battaglia continua.