Anche per la quarta domenica d’Avvento la riflessione del professore Rocco D’ambrosio, sacerdote della Diocesi di Bari, ordinario di Filosofia Politica presso la Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana, docente di Etica della Pubblica Amministrazione presso il Dipartimento per le politiche del personale dell’Amministrazione del Ministero dell’Interno, autore di diversi saggi. Si occupa, inoltre, di formazione all’impegno sociale, politico e nel mondo del lavoro, collaborando con diverse istituzioni, a livello locale e nazionale. Giornalista pubblicista, dirige il periodico di cultura e politica “Cercasi un fine” e il suo interessante sito web (www.cercasiunfine.it ).
Il Vangelo odierno: Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa (Mt 1, 18-24).
22 dicembre 2019. Quanti giusti conosciamo? Quanti giusti esistono nelle istituzioni? In che percentuale possiamo trovare giusti nella politica, nel mondo economico e finanziario, nelle università, nelle comunità di fede religiosa? A volte sembra la ricerca di un ago nel pagliaio; altre volte siamo colpiti dalla testimonianza di rettitudine morale e legalità di persone, anche non note, che sono giusti nel privato come nel pubblico.
Giuseppe è un uomo giusto. Partiamo dalla sua vicenda umana: si ritrova con una fidanzata incinta e tuttavia non vuole accusarla pubblicamente, ma pensa di ripudiarla in segreto. È una persona perbene. Avere ragione non significa infierire sugli altri, soprattutto su quelli che si amano. Per la Scrittura è un uomo giusto. Ma giusto nella mentalità ebraica vuol dire molto di più che per noi. Giusto significa essere obbediente a Dio, alla sua Legge, corretto verso se stessi quanto verso gli altri, Dio e la natura.
E Dio non abbandona mai i suoi giusti: va loro incontro perché siano più giusti, perché il loro senso di giustizia sia portato a compimento. L’angelo lo rassicura con le stesse parole con cui ha rassicurato la sua fidanzata: Non temere. C’è molta forza e serenità in quest’annuncio. Essere giusti vuol dire anche aver molti dubbi e tentennamenti, frustrazioni e isolamenti. Se si cerca di essere giusti davanti a Dio e per Lui, prima che per gli altri, le parole dell’angelo sono il balsamo che ogni giusto vorrebbe ricevere: non temere.
Ma perché non dobbiamo temere, specie quando il nostro impegno per la giustizia ha tante difficoltà? Domanda molto difficile. Dalla vicenda di Giuseppe possiamo imparare qualcosa. L’invito a non temere è seguito dal presentare a Giuseppe un progetto più grande di quanto possa lui immaginare. Giuseppe è ora il padre di un Bambino che è generato dallo Spirito Santo, Gesù: colui che infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati.
Eppure il progetto di Dio, grande e incomprensibile, non lo blocca: lo spaventa si, ma continua a cercare una soluzione. Giuseppe mi è sempre sembrato come uno splendido esempio di sintesi tra fede e praticità, tra giustizia e realtà. Il poeta Yeats direbbe che Giuseppe è uno di coloro che ci aiutano a tener stretti, in un sol pensiero, realtà e giustizia (they help me to hold in a single thought reality and justice).