Per il primo dell’anno la riflessione e l’augurio del professore Rocco D’Ambrosio, sacerdote della Diocesi di Bari, ordinario di Filosofia Politica presso la Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana, docente di Etica della Pubblica Amministrazione presso il Dipartimento per le politiche del personale dell’Amministrazione del Ministero dell’Interno, autore di diversi saggi. Si occupa, inoltre, di formazione all’impegno sociale, politico e nel mondo del lavoro, collaborando con diverse istituzioni, a livello locale e nazionale. Giornalista pubblicista, dirige il periodico di cultura e politica “Cercasi un fine” e il suo interessante sito web (www.cercasiunfine.it )
Il Vangelo odierno: In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo (Lc 2, 16-21).
1 gennaio 2020. Un evento è sempre legato a un racconto: chi lo vive, prima o poi, lo racconta ad altri. ”Non affronteremmo un viaggio in mare – scriveva Blaise Pascal – per il solo piacere di vedere, senza speranza di poterlo mai raccontare”. Maria e Giuseppe, i pastori e i vicini partecipano a un evento eccezionale, non certo per le forme ma per i contenuti: il Messia, il Figlio di Dio si è fatto carne a Betlemme, in una mangiatoia. Tuttavia anche loro raccontano, il Vangelo dice “riferiscono”. Ma è bene soffermarci su questo movimento del parlare dell’evento.
Maria e Giuseppe, i pastori sono, prima di tutto, destinatari di un annuncio, che conosciamo bene. Ciò significa che il loro racconto… è preceduto da un altro racconto, cioè l’intervento di Dio. I pastori, prima di muoversi, ricevono l’annuncio dell’angelo e per questo vanno “senza indugio”. La loro solerzia è basata su un annuncio. Non siamo autori di una storia, siamo solo attori che si immettono in una storia più grande di noi: quella di Dio Creatore e Redentore.
Noi non diamo inizio a nessuna storia perché non abbiamo creato mai un bel cavolo di niente. Siamo stati solo creati e fatti partecipi di qualcosa di grande. In altri termini non siamo noi a dare inizio alla storia ma è solo il buon Dio autore di tutto quello che vediamo, ascoltiamo e facciamo. Se tutto va bene collaboriamo a questa grande storia, con i doni che Lui ci ha elargito, limiti e peccati permettendo. L’autenticità della nostra storia – è bene ricordarlo in tempi di populismi, bufale o post verità – è data dal far parte di una storia più grande di noi, ossia quella che Dio scrive con ognuno di noi, con tutto i suoi giusti.
Un’ultima nota: “Maria, da parte sua…”, scrive l’evangelista: Luca non ci ricorda il ruolo grande con cui Maria partecipa al racconto di Dio, ci ricorda, invece, che ella “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Nel suo “Enrico V”, riferendosi alla maturazione avvenuta nel giovane re, Shakespeare parla di una capacità decisiva in questa crescita: la “consideration”, ossia la riflessione, la meditazione, il discernimento, la ruminazione su quello che si fa. Tale riflessione o meditazione deve portare ad acquisire, verificare e fortificare quanto avviene nella nostra vita, quanto Dio ci manifesta e ci indica. Per alcuni aspetti il segreto delle grandi storie sta nell’umiltà e nella meditazione che abbiamo. Maria lo ha fatto.
Vi auguro un buon anno, in una storia più grande di noi, con tanta, tanta “consideration”!