COLLEPASSO (Lecce) – Non più omicidio volontario ma omicidio preterintenzionale. La Procura di Lecce riqualifica l’accusa a carico di Vittorio Leo, il 48enne di Collepasso, in carcere dalla fine di maggio per aver ucciso il padre lanciandogli dell’alcol addosso nella cucina con i fornelli accesi al culmine dell’ennesimo litigio. La modifica del capo d’imputazione è contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari fatto notificare dal pubblico ministero Luigi Mastroniani. Omicidio preterintenzionale aggravato dal vincolo di familiarità. Con una pena, al netto della scelta del rito, che oscilla dai 10 ai 18 anni di reclusione. Un omicidio d’impeto, secondo la rivisitazione della tragedia a firma del magistrato inquirente, nonostante la consulenza psichiatrica effettuata dallo specialista Domenico Suma abbia accertato che il 48enne, fosse capace di intendere e di volere al momento dell’omicidio. “Questa novità non può che farci piacere”, è il commento dell’avvocato Francesca Conte, “siamo sempre stati convinti che non si sia trattato di un atto voluto ma di un incidente e il prosieguo delle indagini accerterà la verità”.
Un delitto consumato in maniera del tutto fortuita senza un chiaro proposito omicidiario. Così come aveva effettivamente raccontato l’agente immobiliare in caserma nel corso dell’interrogatorio davanti ai carabinieri (le indagini sono state condotte dai militari della locale stazione insieme ai colleghi di Casarano e del Reparto Investigativo di Lecce) e al magistrato subito dopo la tragedia. Leo parlò di un incidente; di non aver mai avuto realmente l’intenzione di uccidere il padre Antonio di 88 anni; di essere rimasto immobilizzato per il panico quando vide il corpo del padre bruciare come una pira. Ma non allertò i soccorsi subito. Lo fece solo a distanza di ore dopo aver mangiato un piatto di pasta e pulito casa.
Passa la ricostruzione dell’uomo che sin dalla prima ora ha negato di aver agito volutamente. Passa la linea di un individuo che ha raccontato ai carabinieri di essere stato succube per anni del carattere autoritario e dispotico del padre (un insegnante in pensione) con cui ormai i rapporti si erano logorati. “Lui non accettava che io potessi partecipare all’eredità, in particolare alla massa liquida, perché lui era un accentratore e non ci permetteva di averne contezza. Non accettava che io avessi abbandonato gli studi. Non accettava il mio lavoro di agente immobiliare perché ritenuto di basso livello culturale…Non riusciva ad accettare che io avessi la mia vita, non accettava che io stessi spesso al computer e non capiva che era una necessità fisiologica del mio lavoro. Mi accusava anche di non essermi sposato, ma non capiva che alla mia età non è facile incontrare una persona compatibile…” E poi ancora: “Io mi sono sentito sempre in secondo piano da mio padre, perché prediligeva mio sorella, mi dava fastidio il suo atteggiamento, non voleva capire che io avevo il mio carattere, lui pensava erroneamente che le persone potevano essere plasmate come le voleva lui”.
Così quella sera il delitto nella casa di famiglia in via don Sturzo si rivelò il “naturale approdo” di una coabitazione forzata. “Mentre mi trovavo nel cucinotto”, raccontò l’agente immobiliare a investigatori e inquirenti, “mio padre era infastidito dalla mia presenza perché stava cucinando, ha iniziato a inveire nei miei confronti, mi ha detto “togliti di mezzo”, “vattene”, “sparisci”, “questo ha ingenerato in me la reazione di spruzzargli l’alcol addosso” (che l’uomo aveva in mano in quei momento per medicare una ferita al pollice destro ndr), è stato il suo racconto una volta accompagnato in caserma.
La fiammata alimentatsi dal fornello acceso avvolse il corpo dell’anziano che in un istintivo tentativo di rimanere in vita raggiunse il bagno cercando invamno di spegnerle. E bruciature su tutto il corpo di secondo e terzo grado sono state rilevate sul corpo dell’88enne dal medico legale Alberto Tortorella nel corso dell’autopsia. Nell’indagine come persona offesa compare la sorella dell’assassino nonché figlia dell’anziano deceduto assistita dall’avvocato Elvia Belmonte.