PISA/CASARANO (Lecce) – Chiuse le indagini sulla morte di una giovane recluta vittima di nonnismo, morta nell’agosto di 21 anni fa all’interno della caserma “Gamerra” di Pisa. La procura militare di Roma, infatti, ha notificato un avviso di conclusione indagini per il reato di violenza ad inferiore mediante omicidio pluriaggravato in concorso nei confronti di tre ex caporali della Folgore, tra i quali c’è anche un salentino: si tratta del 41enne Andrea Antico, di Casarano, attualmente in servizio presso il 7/o Reggimento Aves di Rimini.
L’avviso di conclusione delle indagini è stato notificato anche ad Alessandro Panella, 41 anni, nato a Roma e residente a San Diego, in California, ma domiciliato a Cerveteri, in provincia di Roma, ed a Luigi Zabara, 43 anni, nato a Etterbeec (Belgio), e residente a Castro dei Volsi, in provincia di Frosinone. Entrambi non sono più militari ed insieme al salentino adesso rischiano il processo.
L’omicidio è quello di Emanuele Scieri, giovane allievo paracadutista della Folgore, originario di Siracusa, morto il 13 agosto 1999, ucciso secondo le indagini dai tre caporali che, nell’intenzione di punirlo perché stava telefonando, lo percossero, lo costrinsero a salire su una torre da cui lo fecero cadere e lo lasciarono agonizzante a terra.
La morte della recluta Scieri risale alla notte tra il 13 ed il 14 agosto di quasi vent’anni fa. Laureato in Giurisprudenza e praticante avvocato, aveva iniziato la sua esperienza da parà proprio quel giorno. Rientrato in caserma con largo anticipo dopo la libera uscita, però, di lui si persero le tracce per tre giorni, finché non fu trovato cadavere – all’interno della stessa caserma – ai piedi di una torretta dismessa, che veniva utilizzata per stendere i paracadute bagnati.
Scieri sarebbbe stato costretto “ad arrampicarsi sulla scala della torretta di prosciugamento dei paracadute dalla parte esterna, e quindi senza alcuna protezione, avvalendosi della sola forza delle braccia, mentre uno dei suoi assassini, arrampicandosi dalla parte interna e protetta, gli pestava brutalmente le mani in modo da fargli perdere la presa”. Emanuele precipitò e morì dopo ben otto ore di agonia. All’epoca, però, si ipotizzò che fosse caduto accidentalmente dalla torretta o che si fosse volontariamente tolto la vita.
I parenti del siciliano non hanno mai creduto a tale ricostruzione dei fatti. Sul corpo del ragazzo, i periti della famiglia riscontrarono segni e ferite – in particolare al piede sinistro e ad un polpaccio – che fecero sin da subito pensare ad atti di nonnismo. Lesioni compatibili con percosse e forse piccole torture.