POGGIARDO (Lecce) – Una macchina, una bici, un’abitazione con un bel giardino e arredata di ogni comfort oltre ad un suolo edificatorio di 145 metri quadrati. Su questi beni di un’anziana possidente, residente in un comune del circondario di Maglie, aveva messo le mani la sua badante: una donna di origini rumene, di 56 anni, che accudiva l’anziana dal 2013. Da maggio di quell’anno per svolgere al meglio il suo lavoro, la colf godeva di tutti i benefici: regolare contratto di assunzione, vitto e alloggio incluso, Non male di questi tempi ma la donna non si sarebbe accontentata di uno stipendio mensile di circa 1500 euro. “Signora, abbiamo bisogno di soldi” diceva ripetutamente all’anziana ormai sofferente per via del morbo di Parkinson che ne aveva minato le capacità cognitive. A tal punto da essere stata raggirata. Circuita, anzi.
Perché questa badante, negli anni, si sarebbe impossessata dei beni dell’anziana deceduta a 88 anni. Una vita agiata e una certa sicurezza per il futuro, immaginava dopo aver fatto sottoscrivere a suo favore un testamento pubblico con cui è riuscita a far intestare a se stessa i beni della donna che aveva accudito per anni. “Sono stata nominata erede universale” disse durante la cerimonia funebre ai familiari dell’anziana che non aveva figli ed era vedova da anni. I suoi due unici nipoti avevano avviato la pratica per far riconoscere l’invalidità totale alla zia salvo poi prendere le distanze dalla parente perché credevano di potersi fidare della badante. Ma così non è stato.
La colf, infatti, ha contattato un primo notaio che si è rifiutato di sottoscrivere il testamento salvo presentarsi da un secondo e con due certificati rilasciati dal medico curante che attestavano uno stato di salute mentale buono dell’anziana è riuscita a farsi sottoscrivere l’atto grazie a due dipendenti del notaio che hanno fatto da testimoni. Dopo la denuncia, si è aperto il processo concluso con la condanna della badante (difesa dall’avvocato Antonio Manno) a 2 anni e mezzo di reclusione per circonvenzione d’incapace ed un risarcimento danni da quantificarsi in sede civile in favore di due nipoti dell’anziana defunta.
Nel frattempo, le parti civili, assistite dagli avvocati Alberto e Arcangelo Corvaglia, hanno avanzato richiesta di sequestro conservativo dei beni acquisiti dalla badante e la giudice si è riservata di depositare la decisione con le motivazioni della condanna attese nei prossimi 60 giorni. Intanto l’imputata, tramite il proprio legale, ha presentato istanza di scontare la pena con i lavori di pubblica utilità come consente la riforma Cartabia: per le condanne sotto i quattro anni, l’imputato o l’imputata, se non impugna la sentenza in appello, può chiedere in via alternativa di scontare la pena con i lavori di pubblica utilità, la semilibertà o la detenzione domiciliare evitando così il carcere. Nella prossima udienza, la giudice dovrà vagliare il programma presentato dalla badante per svolgere i lavori di pubblica utilità.