CARMIANO (Lecce) – Si chiude con la sola condanna peraltro a 2 anni e 6 mesi di reclusione a fronte degli 8 e 6 mesi invocati dalla pubblica accusa il processo a carico di Giancarlo Mazzotta, l’ex sindaco di Carmiano, finito sul banco degli imputati nella vicenda sul rinnovo del consiglio di amministrazione della Banca di Credito cooperativo Terra d’Otranto, a Lecce, nel 2014 condizionato dall’ombra della Sacra Corona Unita. I giudici in composizione collegiale (Presidente Roberto Tanisi) hanno notevolmente ridimensionato l’intero impianto accusatorio. “Anche il Tribunale ha fatto giustizia di un infondato teorema accusatorio che per quasi dieci anni – commenta Mazzotta – ha gettato discredito sulla mia reputazione di uomo, di imprenditore e di politico, con gravissime ripercussioni sulla mia vita personale, nonché sull’amministrazione del Comune di Carmiano e della Banca di Credito Cooperativo Terra d’Otranto”. L’ex sindaco è stato condannato per un solo capo d’imputazione: una tentata concussione che risale al periodo in cui Mazzotta era sindaco della cittadina salentina. In sintesi, il politico avrebbe fatto pressioni su un socio e cliente della banca, un geometra, a ritirare il proprio appoggio alla lista capeggiata da Ferrieri Caputi e a votare in favore del fratello Dino minacciandolo che se fino a quel momento “non gli aveva mai rotto le scatole” avrebbe visionato ogni pratica presentata negli uffici del Comune o che era già pendente ostacolandolo nell’ottenimento dei provvedimenti richiesti.”Non entro nel merito dell’unico episodio per cui è stata affermata la mia responsabilità, trattandosi di un fatto che neppure la Procura aveva connotato in termini mafiosi e che riguarda unicamente conflitti interpersonali animati da storiche inimicizie – spiega l’imprenditore – ma anche per tale episodio su cui sono state del resto acquisite testimonianze molto discordanti proprio nel corso del processo, confido peraltro di fare chiarezza nel successivo giudizio di appello”.
Sentenza di assoluzione (così come richiesto dalla stessa procura) per l’ex sindaco e il cugino Gianni, conosciuto come Gianni Conad, (richiesta di 6 anni e 6 mesi anche per altri capi d’imputazione) per l’episodio delle presunte minacce (aggravate dal metodo mafioso) all’indirizzo dell’allora consigliere di maggioranza Luigi Manca di non dimettersi dalla carica per evitare di mettere in rischio la giunta già fortemente in crisi fermandolo nei pressi di un esercizio commerciale. Sulla base delle informative raccolte dai carabinieri del Ros, Gianni Conad avrebbe intimato il consigliere di non dimettersi perché non doveva lasciare da solo il cugino Giancarlo dopo le dimissioni di Achille Villani Miglietta. Gianni Conad avrebbe chiuso l’incontro riferendo al suo interlocutore “noi ti conosciamo come persona seria quale sei”.
Assolti entrambi perché il fatto non sussiste; stessa formula per un episodio di estorsione riqualificato in violenza provata di cui rispondevano oltre ai due Mazzotta anche Saulle Politi (4 anni la richiesta), quest’ultimo ritenuto un esponente di spicco della Sacra Corona Unita a lungo a capo di un clan della zona. Questa vicenda faceva riferimento a presunte pressioni esercitate su una coppia affinché non sostenesse più la lista del competitor Ferrieri Caputi costringendo in particolare la donna a ritirare la propria candidatura per essere rimpiazzata da un altro soggetto che gravitava nell’orbita dei Mazzotta.
Il non doversi procedere, invece, è stato disposto per un’altra tentata estorsione che Mazzotta avrebbe compiuto insieme ad Ennio Caputo, visurista a contratto per la banca, (3 anni la richiesta di condanna per lui) ai danni del dipendente di un’agenzia assicurativa (socio e cliente della banca) a ritirare anche in questo caso il suo appoggio in favore della lista Ferrieri Caputi; ed un’altra tentata estorsione che l’ex sindaco avrebbe messo in atto con Maria Taurino, addetta al settore mutui della Bcc della filiale di Carmiano (2 anni e 6 mesi erano stati sollecitati dalla Procura), nei confronti di un socio al quale la Taurino aveva concesso un mutuo e costringendolo a farsi consegnare la delega per il voto da destinare a Dino Mazzotta.
E per due altri episodi di tentata estorsione (per uno dei quali era accusato anche Luciano Gallo che rischiava una condanna a 5 anni e 6 mesi), perché escluse le aggravanti mafiose, sono stati riqualificati in violenza privata e caduti tutti in prescrizione. “Il Tribunale di Lecce ha nettamente riconosciuto la mia assoluta estraneità rispetto a qualsiasi sodalizio criminale, escludendo l’aggravante mafiosa contestata dalla Procura di Lecce. Ciò che oggi conta – spiega Mazzotta – è che torno finalmente ad essere un uomo libero dal peso di un’accusa gravissima ed infamante che non mi appartiene, e che vede finalmente riconosciuto non solo la mia lontananza dalla cultura mafiosa, ma anche il mio attivo impegno proprio nel contrasto della criminalità organizzata: un impegno che ha sempre contraddistinto la mia attività pubblica e privata”. Il Tribunale non ha concesso alcun risarcimento per le due parti civili: il già citato Ferrieri Caputi e Achille Villani Miglietta, ex deputato di Alleanza nazionale, che aveva presentato una denuncia dopo che la Giunta Mazzotta si era opposta al progetto della realizzazione di una centrale a gas che doveva ricadere sui propri fondi. Di fatto, la rincorsa alla carica di presidente della banca si concluse con il largo successo di Dino Mazzotta con 1146 a fronte dei 520 per Ferrieri Caputi.
Per l’ex sindaco, tutte queste accuse, in cui peraltro erano confluite anche le dichiarazioni del pentito della Scu Tommaso Montedoro, sarebbero state una vendetta politica orchestrata ai suoi danni proprio da Achille Villani Miglietta. Per conoscere le motivazioni sarà necessario attendere i prossimi tre mesi. Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Stefano Pati, Laura Minosi, Paolo Spalluto, Ladislao Massari, Federico Martella, Saveria Maria Perrone, Antonio Savoia, Massimo Bellini, Pantaleo Cannoletta, Luigi Rella, Francesco Paolo Sisto, Giampaolo Potì, Francesco Caroleo Grimaldi e Carlo Sariconi.