LECCE/BRINDISI – Nel 2016, il blitz, le denunce e lo scandalo. E otto anni dopo un lungo iter processuale, una condanna bis nel giudizio di primo grado. Giudice ed ex compagna poliziotta condannati per favoreggiamento della prostituzione in una casa vacanze nel centro di Lecce. Due anni ciascuno sono stati inflitti a Giuseppe Caracciolo, 63 anni, giudice della sezione civile della Corte di Cassazione e a Pasqua Biondi, di 56, originaria di Brindisi, dopo che la Corte d’Appello aveva dichiarato la nullità della sentenza di primo grado con cui l’allora gup Carlo Cazzella aveva condannato il 19 aprile del 2018 i due imputati, a conclusione del processo in abbreviato, a 1 anno di reclusione per sfruttamento della prostituzione.
La sentenza, sulla base di una nuova accusa, è stata emessa dai giudici in composizione collegiale (Presidente Fabrizio Malagnino, a latere Maddalena Torelli e Marco Mauro Marangio) che hanno dimezzato la richiesta a 4 anni invocata dalla pm Maria Vallefuoco, a conclusione di una requisitoria andata avanti per circa due ore. Il Tribunale ha riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e concesso alla coppia la pena sospesa e la non menzione. I due imputati si sono sempre professati innocenti: in un lungo interrogatorio, neppure un anno fa, il giudice aveva spiegato di essere totalmente all’oscuro del giro di prostituzione scovato nel 2016 dalla polizia.
L’indagine, infatti, è stata condotta dagli agenti della Squadra mobile di Lecce. Gli accertamenti vennero avviati grazie alle ripetute segnalazioni che raccontavano di un giro di prostituzione di giovani straniere (di nazionalità venezuelana, colombiana e rumena) in uno stabile formalmente adibito a “casa vacanze” e bed and breakfast nonostante all’esterno mancasse qualsiasi insegna. I condomini lamentavano un continuo viavai di clienti che sostavano per qualche minuto davanti all’immobile per poi accedere ed uscire dopo poche decine di minuti.
Scattarono così gli accertamenti con una serie di appostamenti. Con discrezione e sotto traccia, i poliziotti rilevarono un continuo avvicendarsi di visitatori in una sorta di staffetta. In circa tre mesi i poliziotti appurarono come all’interno dell’immobile si svolgesse un’attività di prostituzione a tutte le ore del giorno. Un sofisticato sistema di videosorveglianza garantiva il controllo degli accessi monitorando eventuali intrusioni. La coppia di insospettabili avrebbe garantito alle escort tutti i comfort per offrire un soggiorno tranquillo. Gli incontri, invece, venivano pubblicizzati su un sito internet.
E giudice e compagna vennero denunciati. Per conoscere le motivazioni sarà necessario attendere i prossimi 90 giorni. Subito dopo l’avvocato Ladislao Massari, legale della coppia, potrà impugnare la sentenza.