NARDÒ – Il magistrato-attore di origini leccesi, Salvatore Cosentino, il 19 aprile torna a teatro con “Addirittura padre” (alle 21 al Teatro comunale neretino), una divertente e intimista pièce che ha già conquistato il pubblico e che lo vede protagonista e mattatore insieme a suo figlio. Oggi lo abbiamo incontrato per discutere di paternità, amore e teatro.
Un figlio cambia la vita e la prospettiva a tutti? È capitato anche a Lei, tanto da pensare a uno spettacolo così emozionante, che mette in scena persino suo figlio, vero?
«Certamente un figlio cambia la prospettiva e, dunque, la vita. Ma in una evoluzione che è così naturale da essere l’unica vita possibile. Quindi, non implicando scelte obbligate, privazioni, ma determinando un ampliamento della propria persona, della propria esistenza. Così, è naturale passare a un figlio tutte le tue passioni, le cose che ti piacciono. Di qui il gioco del palcoscenico insieme».
Intanto, come padre, mi sembra che lei abbia superato l’esame, visto che è riuscito a fare recitare bene suo figlio e a costruire un’esperienza così intensa insieme a lui. È soddisfatto?
«Più che soddisfatto posso dire di essere piacevolmente sorpreso. Non avevo, e non abbiamo, insieme, obiettivi prestabiliti, ma posso dire che cresciamo insieme tutti i giorni, in esperienze e cultura. E poi… ci piace fare insieme tutto».
“Addirittura padre” non è il primo successo con cui lei riesce a conquistare i teatri. Nelle sue opere c’è sempre una riflessione intimista e sociale, che unisce e si serve di musica e teatro. Chi sono i suoi maestri in questo campo?
«I miei Maestri in questo? Giorgio Gaber e Gigi Proietti. Maestri di pensiero, ironia, tempi teatrali».
Come convivono i due Salvatore Cosentino in lei, il magistrato di lungo corso, che ha a che fare con i lati più bui dell’esistenza umana, e l’artista, l’autore di teatro, che fa riflettere, emoziona, eleva l’anima? È sempre in equilibrio questa dicotomia o alla fine prevarrà l’artista?
«Diritto e Arte hanno tante cose in comune. Mi piace molto poter cogliere nella domanda l’aspetto dell’essere piuttosto che del fare ‘un mestiere’.
E io credo che sia importante ‘essere’ e non ‘fare’ il mio mestiere.
Vivere questo mestiere ed utilizzare i suoi strumenti (codici, leggi, fascicoli, le stesse toghe) senza mai perdere di vista la sua origine e il suo scopo (ossia l’Uomo: il Diritto nasce dall’uomo ed a lui è destinato) significa ‘essere’ e non ‘fare’ il magistrato. Da qui nasce anche il desiderio -ed il bisogno- di ‘raccontare’, che è diverso dal desiderio di ‘recitare’ e, quindi, di essere ‘attore’. Io infatti più che attore mi definisco narratore. Al contrario, dalla vita reale al palcoscenico c’è il costante filo rosso dell’autenticità: nell’aula giudiziaria si svolge il processo, si snodano capitoli di vite; il palcoscenico è il luogo del racconto delle commedie e delle tragedie della vita, di tutte le relazioni sociali e di tutti i sentimenti umani.
È questo il parallelismo tra il Diritto e l’Arte; un connubio essenziale nel perseguire l’obiettivo costante del recupero dell’umanesimo giudiziario».
In amore esiste un centro di gravità permanente per tutti, oppure ogni amore è condannato, in alcuni casi, alla fine e in altri a una convivenza pacifica che tende al “quieto vivere”, dove l’unico amore possibile è quello per i figli?
«In uno dei miei spettacoli dico che la ‘crisi’ del rapporto rappresenta la conclusione naturale di ogni rapporto amoroso che si rispetti e che il matrimonio è l’arte di risolvere in due problemi che da solo non avresti. Ogni regola ha le sue eccezioni, certo, ma…».
Il suo possiamo definirlo “teatro impegnato”? “Di sana e robusta costituzione”, ad esempio, è il racconto un po’ sarcastico di uno spirito costituzionale tradito…
«Teatro impegnato è forse una definizione che appesantisce e ‘spaventa’. Il tema che affronto principalmente nei miei spettacoli è sicuramente la legalità, ma sempre nella forma del teatro-canzone: mostro i parallelismi tra il Diritto e l’Arte e tutto è trattato in una doppia chiave, realistica ed ironica, con il supporto dell’arte figurativa e della canzone, che sono gli strumenti di cui mi avvalgo per esprimere idee e coltivare la mia passione per la musica, l’arte visiva e il canto. Ed infatti non ho mai inteso rivolgermi ad un pubblico ‘in particolare’. Mi rivolgo, invece, a tutti…dai bambini ai ragazzi, agli adulti, alla cosiddetta società civile (e anche a quella incivile), a quello dei giuristi, agli amanti dell’arte, della musica. Ognuno trova il suo spazio nei miei testi, in cui do voce ai sentimenti umani più vari.
Quanto allo spirito costituzionale tradito, direi meglio che nello spettacolo citato rimarchiamo (io e il mio piccolo Francesco) che la Costituzione non è ancora pienamente entrata in vigore. E questo è insito nella sua essenza di progetto di legge, di madre delle leggi. E l’assetto socio- istituzionale dovrebbe garantirne la completa efficacia. Ma non è facile».
Quali sono gli appuntamenti teatrali più importanti da seguire tra aprile e maggio?
«Il 19 aprile siamo al Teatro Comunale di Nardò, con Addirittura padre ; il 20 al Teatro Olmi di Latiano, con un nuovo spettacolo, scritto negli ultimi mesi, dal titolo Far finta di essere Gaber , che porteremo anche a Nola (la patria di Giordano Bruno) il 27 aprile; il 22 maggio saremo nel bellissimo Teatro Fusco di Taranto, e il 23 terremo a Lecce “Di sana e robusta Costituzione” spettacolo organizzato dalla Associazione Nazionale Magistrati di Lecce, che andrà in scena, in occasione dell’anniversario della strage di Capaci, nell’Aula Magna del Palazzo di giustizia del capoluogo salentino».