ARADEO (Lecce) – Due operazioni per la stessa vicenda, legata all’Istituto popolare salentino di Aradeo – società di intermediazione finanziaria nata nel 1983 – per erogare prestiti a strozzo ai commercianti in difficoltà economiche. Una vicenda, lunga quasi dieci anni e che ora approda ad un punto fermo. Davanti ai giudici in composizione collegiale, la pm Donatina Buffelli ha chiesto l’estinzione del reato per morte del reo a carico del presunto regista Carmine Minerba, 93 anni, di Aradeo. Tra prescrizioni e altre riqualificazioni, 2 anni al figlio Antonio, 67 e 4 a Massimo, di 54; 5 anni ad Aurora Pepe, 66 anni, moglie di Antonio; 7 anni al dipendente Roberto Giurì, di 61; prescrizione per Anna Maria Catalano, 62, tutti di Aradeo così come per Anacleto Agostino Imperiale, 69, quest’ultimo di Neviano. Assoluzione, invece, per Lorenzo Bianco, 79 anni, di Cutrofiano, presidente del collegio sindacale della società; Giuseppe Colazzo, 76, sindaco effettivo della Ips e Michele Orlando, 70enne di Galatina (sindaco effettivo della società). Prossima udienza, a maggio.
L’operazione, ribattezzata “Bad Cheque” culminò il 5 giugno del 2014 con un provvedimento restrittivo ai domiciliari per Minerba, i figli di Minerba, Pepe e Giurì, poi tutti scarcerati. L’indagine venne condotta dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Lecce e coordinata dall’allora sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia Alessio Coccioli. Secondo quanto emerso dalle indagini (ora materia del processo) la presunta associazione avrebbe costretto piccoli imprenditori attivi soprattutto nel settore dell’arredo a pagare tassi di interesse elevatissimi, anche superiori al 140% annuo. Il prestito usurario avveniva mediante lo “sconto” di assegni post-datati e l’acquisizione di garanzie, come cambiali o assegni emessi da terzi garanti. A volte in garanzia venivano dati anche beni immobili o locali commerciali.
Le vittime, per lo più residenti tra Aradeo, Neviano, Nardo, Galatone, Gallipoli, Parabita e Galatina, non potendo restituire nei tempi stabiliti gli interessi maturati erano costrette a sostituire gli assegni non coperti alla scadenza, con nuovi titoli, coinvolgendo anche parenti e amici. Chi non pagava veniva fatto oggetto di intimidazioni e pesanti minacce estorsive, come accaduto ad una donna incinta di 8 mesi. Le indagini, avviate nel 2008 e concluse nel 2012, vennero messe in moto dopo la denuncia di due imprenditori e consentirono di stabilire come in questo lasso di tempo l’istituto avesse erogato complessivamente circa 4 milioni e mezzo di prestiti. Sono ancora sotto sequestro preventivo la società finanziaria, tre locali commerciali, quattro appartamenti, cinque autovetture e 18 conti correnti bancari o postali. Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Giuseppe e Pasquale Corleto, Luigi Greco e Fabio Mariano, Andrea Starace, Giancarlo Raco e Ubaldo Macrì. Le parti civili, invece, sono rappresentate tra gli altri dagli avvocati Angelo Calvi, Gabriele Valentini e Franco Orlando