di Gaetano Gorgoni
PUGLIA – Si parte da un dato: secondo le ultime rilevazioni di diversi istituti (Ipr marketing, Ixé, Ipsos e altri), la Lega è il partito più forte del centrodestra: si attesta tra il 13 e il 15 per cento, lasciandosi dietro Forza Italia (tra il 12 e il 13 per cento) e Fratelli d’Italia che, a seconda degli istituti, si attesta tra il 4,5 e i 5 punti. Ma il dato che sembra univoco per tutti i sondaggisti è che il centrodestra unito può vincere alle politiche del 2018, perché si attesterebbe tra il 33 e il 35 per cento, lasciandosi alle spalle il Pd tra il (25 e 27,3 per cento) e il Movimento 5 stelle (che oscilla a quota 27 per cento). C’è un problema di unità e di leadership, ma si sa che se Berlusconi, Salvini e Meloni dovessero trovare la quadra con tutti i piccoli che orbitano nel centrodestra si potrebbe tranquillamente tornare a vincere.
In uno scenario in evoluzione, Salvini studia le mosse per far crescere la sua leadership nei confronti di Berlusconi: tra le tante cose da fare c’è quella di trovare piccoli alleati in giro per l’Italia. Ecco perché l’alleanza con Fitto potrebbe essere fattibile, ma senza scoprirsi ancora, sondando il terreno e mandando avanti il senatore Volpi con le sue dichiarazioni.Tra l’atro agli analisti non sono sfuggite certe «convergenze parallele» recenti tra Fitto e Salvini: dalla militanza al di fuori del PPE alle polemiche sull’immigrazione in stile salviniano. Le reazioni della base, però, sono le stesse di Fratelli d’Italia: i militanti pugliesi di Noi con Salvini non ne vogliono proprio sapere nulla dell’alleanza con Raffaele Fitto. «Come si fa ad accoglierlo? Perché salvare Direzione Italia, vecchi esponenti della partitocrazia? A livello nazionale hanno dimenticato che si è alleato con Tosi?».
Direzione Italia, dopo aver perso esponenti di spicco, ha bisogno di una grossa alleanza. Fitto ha ancora molti voti da portare in dote (potrebbero essere 300 mila calcolando qualche esponente in giro per l’Italia), anche se non ha più in mano il centrodestra pugliese: vuole dieci postazioni sicure. Fitto è un democristiano con una mentalità un po’ troppo europeista per i salviniani, ma nel Parlamento Europeo non è più del Partito Popolare Europeo. È iscritto nel gruppo conservatore degli ECR (sono di fatto a destra): il movimento di Cameron. Le reazioni alla notizia sono le più svariate tra i partiti forti del centrodestra. Se la base fittiana è possibilista, gli altri hanno spesso astio nei confronti dell’ex leader pugliese.
«È normale che lui parli così, utilizzando spot leghisti. Non è normale che si professi moderato. Anzi, i moderati con questa mossa potrebbero anche abbandonarlo – tuona un dirigente forzista – È questa la vera distorsione: in Puglia Fitto è democristiano, in Europa fa quello di destra. Poi non bisogna cantare vittoria: ora Berlusconi è indietro nei sondaggi, ma supererà la Lega. Sta preparando una campagna elettorale esplosiva e voi sapete di cosa è stato capace in passato. Inoltre, il nostro leader vuole morto Fitto: non se lo prenderà mai. Lo farà scomparire piuttosto». «Fitto ha un bel po’ di gente in uscita libera, perché dobbiamo portarlo nel nostro partito, se ci sono grossi esponenti del suo partito che verrano con noi in Puglia? Perché farlo risorgere? – tuona un esponente di Ncs, che in questi giorni ha protestato vivamente con i vertici romani.
Le strade per Fitto sono tre: puntare sulla ditta Salvini – Meloni, agganciandosi alla Lega; puntare su un conglomerato di centristi in cerca d’autore (Casini e altri); oppure tornare da Berlusconi correndo non con Forza Italia, ma col partito collaterale dei territori. Con la Lega Fitto si assicurerebbe un massimo di una decina di posti per tenere unito il suo gruppo, il resto sembra tutto un salto nel buio, ma sappiamo che la situazione è in continua evoluzione, anche perché non vi è certezza sulla legge elettorale. Anche un altro ex berlusconiano di centrodestra, del resto, come Alfano, si tiene aperte una serie di strade: quest’ultimo, dopo anni sulle poltrone ministeriali, potrebbe seguire le sorti di Renzi.